Se Mattarella salirà al Quirinale il merito sarà del “Porcellum”

30 Gen 2015 18:07 - di Mario Aldo Stilton

Prima o poi Sergio Mattarella dovrà pur baciargli la pantofola al vecchio leghista Roberto Calderoli. E regalargli una bella cassata siciliana. Che lo faccia presto, anzi. Che è cosa buona e giusta. Perché se salirà al Quirinale il merito sarà del “porcellum”. Senza l’azzeccagarbugli bergamasco che confezionò, col concorso di altri,  l’orrida legge elettorale di salire al Colle avrebbe solo potuto sognarlo. Ma mai e poi mai ci sarebbe arrivato.

 La Corte trampolino di lancio

Invece, per quegli imperscrutabili e bizzarri giochi del destino, a spalancargli la porta del Palazzo dei Papi è stata, da un lato, per l’appunto la vituperata legge elettorale e, dall’altro, la nomina, dal 20011, a giudice Costituzionale. Nomina politica, che in Italia sa tanto di pensionamento definitivo e che invece stavolta ha funzionato da trampolino di lancio: giusto per fargli coprire quegli ottanta metri in linea d’aria che separano i due augusti portoni. Potrebbe sembrare strano dicevamo, ma le due cose si tengono. Perché il Supremo giudice Mattarella che bocciò insieme agli esimi colleghi il volgare “porcellum”, diverrà presidente della Repubblica proprio grazie ai numeri scaturiti dalla sua ultima applicazione: le politiche del 2013. Elezioni che hanno regalato al Pd una maggioranza dichiarata “incostituzionale” dalla Consulta, in forza della quale ora Matteo Renzi fa il gradasso e impone a tutti gli altri il nome del vecchio democristiano palermitano. Ma c’è di più. C’è che un prosecchino e anche un bel vassoio di cannoli dovrà portarli in dono anche ai colleghi giudici costituzionali.

 L’incostituzionalità della legge elettorale

Quelli che, chissà come e chissà perché, dopo tanto soppesare hanno impresso una repentina accelerazione per giungere al pronunciamento sulla costituzionalità della creatura di Calderoli. Se non fosse stata dichiarata incostituzionale la legge elettorale, ben otto anni dopo il suo varo, Matteo Renzi avrebbe ottenuto quel che Giorgio Napolitano non ha potuto dargli, ovvero il voto politico anticipato.  Azzerando l’opposizione interna e infischiandosene bellamente del profilo del candidato al Colle. Dove ci avrebbe mandato uno dei suoi sodali toscani, o un amico di babbo. Pasticcerie palermitane all’erta: Mattarella chiamerà.

 

 

 

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