Un po’ di storia: gelosie, rivalità e colpi di scena dietro il voto per il Colle

16 Gen 2015 11:44 - di Lisa Turri

“Per il Colle prevedo il caos”: la profezia giunge da Ciriaco De Mita, grande esperto dei giochi di palazzo artefice, nel 1985, dell’elezione di Francesco Cossiga grazie ad un accordo stretto con il segretario comunista Alessandro Natta. Nessuno si fida di nessuno, in questa delicata partita aperta dalle dimissioni di Napolitano ma, soprattutto, è all’interno dei partiti che si annidano le insidie maggiori per i candidati “ufficiali”. È alle gelosie intestine che spesso bisogna guardare per spiegare l’agguato dei franchi tiratori.

La prima vittima dei franchi tiratori: il conte Sforza

E in passato non andava meglio, anzi. Basta leggere il gustoso articolo sul messaggero di oggi di Renato Pezzini, all’interno di un inserto che si intitola “Quirinale 2015”. Pezzini snocciola una serie di episodi che mettono in luce complotti e veleni che hanno fatto da retroscena alle elezioni dei vari presidenti della Repubblica. Scopriamo così che il primo impallinato della storia delle elezioni quirinalizie fu il conte Carlo Sforza, indicato nel 1948 da De Gasperi come candidato ideale ma inviso alla sinistra di Fanfani e Dossetti.

Lo svenimento di Cossiga

Le ruggini personali hanno sempre giocato un ruolo di primo piano. “Nel 1978 – scrive Pezzini – il più pervicace oppositore di Pertini fu il suo segretario di partito Bettino Craxi… ‘I vecchi devono andare a casa, non al Quirinale’ si lasciò anche scappare in un colloquio non del tutto riservato”. E pochi sanno che un giovane Francesco Cossiga nel 1962 svenne addirittura alla notizia che era stato eletto presidente Antonio Segni (con i voti del Msi). Cossiga era infatti convinto che la corrente di Aldo Moro sarebbe risucita a sbarrare il passo al “conservatore” Segni per portare al Quirinale Giovanni Leone con l’aiuto del Pci. Disegno sventato appunto dall’appoggio a Segni del Msi.

Le elezioni più lunghe

Né le votazioni lunghe sono una novità: “Nel 1971 – scrive ancora Pezzini – ci vollero ventitrè chiamate per eleggere alla fine Giovanni Leone. Nel 1964 per trovare una convergenza su Giuseppe Saragat occorsero ventuno votazioni, una delle quali avvenuta il giorno di Natale. Sedici invece gli srutini necessari per l’elezione di Sandro Pertini (1978) e di Oscar Luigi Scalfaro (1992)”. Quest’ultimo, tra l’altro, venne eletto sull’onda dell’emergenza e dell’emozione scatenate nel paese dall’attentato che uccise il magistrato Giovanni Falcone.

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