Latorre operato al cuore: sta bene, ma lunedì non torna in India

5 Gen 2015 17:48 - di Paolo Lami

Era stato un medico indiano, il dottor Rajeev Ranjan, neurologo dell’ospedale Sir Ganga Ram di New Delhi, dove il Fuciliere era stato ricoverato dopo l’ictus che lo aveva colpito a settembre, a suggerire al marò Massimiliano Latorre di sottoporsi agli esami cardiologici per approfondire le cause dell’ischemia celebrale.
Ed è quello che Latorre ha fatto una volta tornato in Italia decidendo poi, assieme ai medici italiani, di farsi operare per chiudere il forame ovale pervio, un’anomalia cardiaca in cui l’atrio destro comunica con l’atrio sinistro, a causa della pervietà del forame ovale, permettendo così il passaggio di una quantità più o meno rilevante di sangue dall’atrio destro all’atrio sinistro.
Oggi l’intervento eseguito dal dottor Mario Carminati, responsabile del reparto di Cardiologia pediatrica e delle cardiopatie congenite dell’adulto, su Massimiliano Latorre, ricoverato da venerdì scorso al Policlinico San Donato di Milano. Un intervento, pienamente riuscito, identico a quello al quale si era sottoposto il calciatore Antonio Cassano nel 2011.
«Tecnicamente l’intervento pare riuscito. Massimiliano si sta risvegliando: ora dovrà recuperare e avrà bisogno di tranquillità e di riprendersi. L’intervento al cuore non è uno scherzo», spiega Paola Moschetti, compagna del fuciliere. La conferma arriva anche dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico alle porte di Milano:  il marò «è stato sottoposto a una procedura di cardiologia interventistica» che «ha avuto esito positivo».

La Difesa “blinda” il marò: niente contatti con estranei

Latorre al momento non può ricevere alcuna visita, anche di persone che ricoprono cariche istituzionali. Il divieto sarebbe arrivato dal ministero della Difesa per evitare qualsiasi contatto con estranei. Per questo il fuciliere è ricoverato in una stanza nel reparto solventi “blindatissimo”, piantonato da carabinieri in borghese. L’unica al suo capezzale è la compagna Paola Moschetti. Non si sa quando Latorre lascerà l’ospedale. Si sa invece che in casi di operazioni come quella alla quale è stato sottoposto oggi, il periodo di degenza dura un paio di giorni. Poi, in genere, è il medico curante a stabilire la durata della convalescenza a casa alla quale si aggiungono controlli periodici.
Il marò lo scorso agosto era stato colpito da una grave ischemia e, per questo, gli era stato concesso il permesso di rientrare in Italia dall’India per curarsi. Permesso che scade entro la mezzanotte del prossimo 12 gennaio. E’ oramai certo, quindi, che Latorre non tornerà, almeno per il momento, in India.
Ricorda ora il dottor Rajeev Ranjan che lo aveva visitato all’ospedale Sir Ganga Ram di New Delhi dopo l’attacco ischemico: «Nel mio rapporto di dimissione del paziente avevo indicato la necessità di approfondire i controlli al cuore per verificare le possibili cause dell’ischemia cerebrale».
Un sospetto poi confermato anche dall’ospedale italiano. Che ricorda come è stata presa la decisione di operare il marò, «dopo che gli accertamenti diagnostici eseguiti in precedenza non hanno identificato fattori di rischio ricollegabili all’evento ischemico subìto dal paziente, se non appunto la presenza» del forame ovale pervio. Un’anomalia diffusa in una percentuale tra il 15 e il 30 per cento della popolazione normale, senza necessariamente determinare conseguenze clinicamente rilevanti. «Tuttavia – secondo l’ospedale milanese – lo shunt (passaggio di sangue, ndr) destro-sinistro può essere fonte di “embolia paradossa”: un trombo presente in atrio destro può cioè passare in atrio sinistro ed entrare nella circolazione sistemica. Se tale trombo, anche di piccole dimensioni, entra in un’arteria cerebrale può occluderla causando un’ischemia cerebrale più o meno grave».

Per Latore lo stesso intervento di Cassano

Per questo è stato deciso di intervenire «introducendo attraverso la vena femorale un catetere che ha raggiunto l’atrio destro e, attraverso il forame ovale pervio, l’atrio sinistro. Un dispositivo occlusore (denominato comunemente “ombrellino”), avanzato all’interno del catetere, è stato posizionato a livello del setto interatriale, chiudendo in tal modo la comunicazione tra i due atrii. Il perfetto posizionamento dell’ombrellino è stato verificato sia con i monitor della fluoroscopia che con l’ecocardiogramma transesofageo».
«Diciamo che alla nascita abbiamo tutti questi foro, che però nel 75 per cento dei casi si chiude, mentre nel 25 per cento dei casi rimane aperto, con dimensioni più o meno grandi – spiega Paola Santalucia, neurologa del Policlinico di Milano – Di per sé non è una condizione patologica, né una condizione causale di ictus».
Tuttavia, per questo passaggio di sangue tra i due atrii, può accadere che un trombo presente nell’atrio destro transiti a quello sinistro, ed entrando in circolazione, arrivare ad un’arteria cerebrale e occluderla, causando un’ischemia cerebrale più o meno grave.
«La ripresa del paziente è veloce – assicura la dottoressa Santalucia – è sufficiente una degenza di un paio di giorni e non è necessaria la riabilitazione. Non è un intervento a cuore aperto e non debilita il paziente».

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