Gli orrori di Derna, la città-califfato libica a 800 chilometri dalla Sicilia
Un buco nero informativo come le bandiere dei jihadisti che vi spadroneggiano, ma da cui – oltre alla propaganda – trapelano racconti d’orrore fatti di teste mozzate e fustigazioni, iconoclastia assoluta, proibizioni: almeno stando a resoconti di media libici e denunce di organizzazioni umanitarie così appare Derna, la città-califfato dell’Isis nell’est del caos libico. Affacciata sul mare e non lontana dall’Italia (soli 800 chilometri da Capo Passero), Derna è una storica roccaforte dell’estremismo islamico libico: conquistata in aprile dai jihadisti, a ottobre ha aderito allo Stato islamico del califfo al Baghdadi che ha occupato pezzi di Siria e Iraq. In pochi giorni la città si è dichiarata essa stessa califfato. Accanto all’esercito islamico, l’Isis vi ha creato un tribunale islamico e una polizia islamica che applicano la sharia in maniera truculenta: esecuzioni sommarie, fustigazioni pubbliche (in particolare per l’uso di alcol) e altre violenze sono state denunciate anche da Human Rights Watch tracciando la decapitazione di giovani attivisti e decine di omicidi politici di donne, pubblici ufficiali, giudici e membri delle forze di sicurezza.
Soldati e poliziotti uccisi dall’Isis
I soldati e poliziotti libici, quando vengono arrestati dal Daesh (l’acronimo arabo corrispondente a Isis), vengono subito uccisi o scompaiono. Lo Stato islamico ha messo al bando le statue: immagini rilanciate su Twitter hanno mostrato uomini in divisa e cappuccio nero intenti a smontare una scultura che non rappresentava peccaminosi corpi femminili ma solo cavalli. Harar, islamicamente proibite, e quindi distrutte sono fra l’altro le sigarette. Gli abitanti, almeno 80 mila secondo Wikipedia ma si stima siano quasi centomila, sono costretti a dichiarare il loro sostegno all’Isis per evitare punizioni. Il tutto nell’antica capitale della Cirenaica dal clima gradevolissimo (20 gradi la media) da cui gli oltre 3.000 italiani che abitavano Derna durante il periodo fascista se se ne andarono dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Dal canto suo il regime islamista pubblica foto rassicuranti di traffico ben gestito, distribuzione di bombole di gas e negozi aperti. Controllare è impossibile, sottolineano fonti giornalistiche in Libia. Chiare però sono le foto su Twitter che riprendono sfilate di pick-up con bandiere nere dell’Isis e uomini armati pesantemente.
“Filiali” anche a Bengasi e Tripoli
Lo Stato islamico ha una sua “filiale” anche a Bengasi, la seconda città della Libia, da cui questa settimana ad esempio ha cercato di fomentare i tuareg con un video. Sono state segnalate attività e suoi vessilli anche a Tripoli, la capitale non riconosciuta internazionalmente della Libia divisa. Del resto il leader stesso dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, è stato nominato capo del Califfato di Derna, dove ha inviato un emiro, l’iracheno Wessam Abd Zeid, già responsabile con lo stesso titolo della provincia di al Anbar in Iraq. Questo almeno stando a informazioni attendibili circolate l’anno scorso secondo le quali inoltre la branca libica dell’Isis può contare su 800 jihadisti, di cui 300 sono libici che hanno già combattuto con la Brigata al Battar, prima a Deir Ezzor in Siria, poi a Mosul in Iraq.