Va difeso il pugno del Papa contro chi tratta Dio come un giocattolo?

16 Gen 2015 10:01 - di Redattore 54

Adesso quelle parole di papa Francesco dirette, semplici, persino minimali – “Se qualcuno, anche il mio miglior amico, parla male di mia madre gli do un pugno” – fanno discutere. I media liberi e riflessivi di un Occidente ancora sotto shock per il sangue versato a Parigi si interrogano e si mostrano perplessi. Perché se ci sono limiti alla libertà d’espressione, se il capo della Chiesa in persona interviene per dire che con la religione non si scherza, che se eccedi arriva la reazione (la madre sacra come il Maometto degli islamici?) allora lo spirito dell’illuminismo è morto, l’irriverenza libertaria per la quale sono state innalzate le matite come vessillo è calpestata. Eccetera, eccetera, eccetera.

Chi stabilisce i paletti?

Da una parte quindi il buon senso di Francesco (che ha detto anche che uccidere in nome di Dio è un’aberrazione e che la religione non è un giocattolo), dall’altra il filosofeggiare razionale e razionalistico dei post-moderni in crisi di identità. In mezzo il pesante concetto di libertà che è così mutato da tre secoli a questa parte ma che forse è destinato a mutare ancora. Libertà infinita o libertà limitata dalla libertà altrui? Libertà assoluta o libertà vincolata da ciò che milioni di persone considerano sacro, cioè intoccabile? E chi li stabilisce, i vincoli, se l’Occidente non riconosce più istanze superiori, dall’alto, che non siano sancite dalla oscura dittatura della maggioranza numerica? Il buon senso pare non possa bastare a dare risposte soddisfacenti anche se per secoli, per millenni, è sempre stato così: ci sono paletti che non puoi oltrepassare se desideri la convivenza. Nella visione cristiana e ottimistica di Francesco la negazione di tutto questo si traduce in una scazzottata tra amici. Nella visione tragica di un Hobbes, ad esempio, si trasforma in una società cattivista, dove il valicare il limite produce la geurra fratricida tra Romolo e Remo. Dice il Papa: se vuoi che il prossimo ti ami e ti rispetti fai altrettanto. Un principio che può convivere con la laicità.

Ferrara lo critica, “Avvenire” lo difende

Ma le perplessità sulla frase del Papa permangono e si declinano in varie sfumature. Massimo Gramellini sulla Stampa difende il motto “giochi di mano giochi di villano” e ricorda il principio evangelico del “porgi l’altra guancia”. Giuliano Ferrara vi vede addirittura un gesto “di misericordia islamica” del tutto fuori luogo da parte del Pontefice cattolico. Il Papa, si rammarica Ferrara, ha parlato da “tutore dell’autodifesa della dignità delle religioni” e non come “custode della sacralità della vita umana”. Una sorta di mano tesa all’Islam, dunque, per non compromettere il dialogo interreligioso. Marina Corradi su Avvenire, invece, elogia la praticità del discorso di Francesco: “Ci si dovrà domandare se vogliamo, nelle nostre città, fare la guerra, o cercare una convivenza feconda  e in pace, in cui ognuno – cristiano, ebreo, islamico – possa testimoniare il proprio Dio. E forse il principio della risposta sta proprio in un ritrovato rispetto per l’altrui fede”.

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