Lo chiameremo Benito… in un film la sinistra radical confessa le sue manie

17 Gen 2015 12:36 - di

Uscirà nelle sale il 22 gennaio. Si chiama Il nome del figlio (rifacimento del francese Cena tra amici a sua volta ispirato da una pièce teatrale), promette di ironizzare “ma con dolcezza” sui cinquantenni di sinistra e sta già dando modo agli opinionisti di riflettere sulle “ceneri” del progressismo. La regista è Francesca ArchibugiPaolo Virzì è uno dei produttori, già artefice di quel Caterina va in città in cui si mettevano a nudo i difetti e i vizi della sinistra radical. Sceneggiatore è Francesco Piccolo, fresco vincitore del premio Strega appartenente al mainstream di sinistra. Dunque artisti di sinistra che prendono in giro se stessi ma partendo da un particolare rilevante: due coppie (Alessandro Gassmann-Micaela Ramazzotti e Luigi Lo Cascio-Valeria Golino) si ritrovano a cena con un altro amico musicista (Rocco Papaleo). Una delle commensali, autrice di best seller piccanti, è incinta. Clima cordiale e affiatamento durano finché scoppia il disagio che si concretizzerà in accese discussioni: motivo scatenante l’annuncio (per scherzo) che il nascituro si chiamerà Benito.

Cosa evoca il nome Benito

“I progressisti ormai cinquantenni divenuti conservatori sono ridicoli, facciamo ridere”: dice Archibugi sottolineando che larga parte del suo stesso mondo è rappresentato in quella cena tra amici, in questa commedia dolce amara di amicizie aggredite dai pregiudizi. La satira che la sinistra fa su se stessa è ormai vecchia però anche nel racconto cinematografico. Semmai diventa tragico quel crogiolarsi compiaciuto nei propri, ormai confessabili e tolleratissimi difetti. Quanto al nome “Benito”, esso evoca per i progressisti da salotto più di un problema di memorie: memorie negate e taciute, “parentele” rimosse, storia nazionale divisa tra buoni e cattivi, ancoraggio alle mitologie costruite ad arte dai vincitori dell’ultimo conflitto mondiale. Temi che certo non basterà una cena per sbrogliare e che non potranno essere “seppelliti” da una risata.

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