Tre brani della Compagnia dell’Anello, una fotografia degli anni Settanta
Il mito dell’Europa e l’inno di una generazione che era lontana anni luce dallo stereotipo della “fogna” che le era stato affibbiato. È “Sulla Strada”, una canzone gioiosa, spensierata come lo può essere un gruppo di ventenni, ma non una canzonetta. A dispetto del ritmo facile, ballabile perfino, questo canto di viaggio racconta l’orgoglio delle radici europee e la ricerca colta, fuori dai luoghi comuni di ciò che le ha rese così solide, profonde, capaci di creare bellezza.
Un viaggio ideale lungo la costa che fu italiana e che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu invece assegnata alla Jugoslavia. La Compagnia dell’Anello in “Di là dall’acqua” immagina una nave che ci «porta sulla rotta istriana» e prosegue fino a «Ragusa la Bella» che «gli stolti chiamano Dubrovnik» alla scoperta di città e terre che, malgrado gli accordi post-bellici, mantengono un’anima tricolore. Si tratta di un tema da sempre caro agli ambienti della destra, gli unici a conservare, insieme a quella delle foibe, la memoria del dramma vissuto dagli esuli giuliani, istriani e dalmati. E a chiedere giustizia per quelle vittime. Un tema particolarmente sentito nelle zone di confine, come il Veneto della Compagnia.
Qui è la conclusione di un concerto a Milano, per decenni e per diverse generazioni è stata la chiusura di tutti i momenti comunitari d’ambiente: Il domani appartiene a noi.