Un altro renziano finisce nei guai: Margiotta condannato per corruzione

11 Dic 2014 20:51 - di Redazione

Il senatore lucano del Pd Salvatore Margiotta (renziano, vicepresidente della Commissione di vigilanza della Rai) è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici (pena sospesa) dalla Corte d’Appello di Potenza per turbativa d’asta e corruzione in riferimento a un appalto per la costruzione del Centro Oli della Total in Basilicata: «Vengo condannato innocente e sento la mia vita sfregiata», ha detto dopo la sentenza, annunciando poi «l’autosospensione dal Pd e da ogni carica». «Oggi ho subito un’ingiustizia di cui non riesco a farmi una ragione, combatterò, ricorrerò in Cassazione e sono certo che in quella sede farò valere le mie ragioni», ha aggiunto Margiotta che in primo grado, al termine del rito abbreviato, era stato assolto «per non aver commesso il fatto».

L’affare centro Oli della Total

L’inchiesta prende le mosse nel 2008, in relazione a  presunte tangenti nella realizzazione del Centro Oli della Total nell’ambito della concessione “Tempa Rossa”, nella zona di Corleto Perticara (Potenza), e su un “comitato di affari”  per gestire tangenti sugli appalti delle estrazioni petrolifere in Basilicata. Il procedimento penale portò agli arresti dell’amministratore delegato e di alcuni dirigenti della Total, di un imprenditore e del sindaco di Gorgoglione (Potenza): per il parlamentare ci furono invece i domiciliari, negati poi dalla giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio (in quella legislatura Margiotta era alla Camera) e revocati pochi giorni dopo dal Riesame.

Appalti e imprenditori

Secondo l’accusa Margiotta avrebbe fatto valere la sua influenza per favorire l’aggiudicazione degli appalti a un gruppo di imprenditori, fornendo loro informazioni sul procedimento e facendo pressioni sui dirigenti della Total. I legali del senatore scelsero poi il rito abbreviato, arrivando all’assoluzione nel 2011.Nel secondo grado la Corte ha invece addebitato al parlamentare i fatti contestati nel 2008. Secondo l’esponente del Pd, «nell’appello nessuna ulteriore prova a mio carico è  emersa e le testimonianze raccolte sono state tutte a mio favore, vengo condannato sulla base di congetture e illazioni», ma «continuerò a urlare la mia innocenza in tutte le sedi, a contestare la decisione di un Collegio che ha emesso una sentenza contro legge. Mi hanno insegnato che le sentenze si rispettano, ma non posso rispettare la palese e pregiudiziale ingiustizia che ho subito».

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