Regole d’ingaggio, l’ira degli agenti contro la “schedatura” sul casco
Un numero sul casco. Così da poter essere identificati e, nel caso, denunciati. Una specie di tiro all’orso. Una cosa che sta facendo andare su tutte le furie i sindacati delle forze dell’ordine. «Ho incontrato i sindacalisti del reparto Mobile della Polizia di Stato giustamente irati per le nuove regole di ingaggio che si intenderebbero varare per paralizzare chi deve garantire l’ordine pubblico, consentendo a violenti e teppisti di agire sempre più indisturbati – rivela Maurizio Gasparri – Mi è stata espressa rabbia anche per la sciagurata ipotesi di caschi numerati per le forze di polizia, contenuta in una proposta di legge all’esame del Senato su iniziativa della sinistra».
«Forza Italia – avverte il senatore di Forza Italia – sarà anche in questi casi con le forze dell’ordine. Diremo un no forte e chiaro a regole e norme assurde. Ho chiesto che il ministro dell’Interno venga subito in Commissione al Senato e che vengano ascoltati Cocer e sindacati. Un’organizzazione sindacale della sinistra apre a nuove regole utili solo ai promotori di caos, venendo così meno alla propria funzione. Staneremo anche questi traditori della gente in divisa, che ha bisogno di sostegno non di boicottaggi».
Le surreali regole di ingaggio sulle distanze di sicurezza
Quella delle nuove regole di ingaggio per le forze dell’ordine, soprattutto nel corso di manifestazioni, è un tema dibattuto da tempo e affrontato ogni volta in maniera episodica ed emotiva. Un coacervo di norme messe insieme non da chi si troverà poi sulla strada ad applicare quelle norme, spesso assurde, e ad affrontare i problemi. Ma da chi, chiuso nelle stanze, cerca di dare. con zelo sciocco e misure politcally correct, un colpo al cerchio e uno alla botte. Il risultato è perfino ridicolo.
I manganelli? Vanno utilizzati sì per colpire gambe e braccia, ma senza colpire le articolazioni. Le solite cose all’italiana, insomma. Inattuabili. E, soprattutto, pericolose per le stesse forze dell’ordine. Poniamo, per esempio, la questione dei 15 metri di rispetto, la distanza che, secondo le nuove regole di ingaggio, i manifestanti dovrebbe mantenere dalle forze dell’ordine. Nel momento in cui quella distanza viene violata, nel momento, cioè, in cui i manifestanti, tanto per fare un esempio concreto e reale, già visto in tutte le manifestazioni, caricano i poliziotti, le nuove regole di ingaggio non prevedono una reazione da parte dei poliziotti. Semplicemente, la squadra passa dallo stato di riposo a quella di preallarme.
Ancora più ridicola la nuova regola di ingaggio prevista nel caso in cui le forze dell’ordine si trovino di fronte qualcuno in preda ad allucinazioni a causa di problemi psichiatrici o per l’assunzione di sostanze stupefacenti. In questo caso le regole prescrivono che gli operatori «si avvicinino con cautela e si spostino in maniera concordata e sincronizzata». Non è difficile comprendere l’ira dei poliziotti per le nuove regole di ingaggio.
Una collezione di perle della peggiore burocrazia
Il trattato è una collezione di perle della peggiore burocrazia, quella, appunto, che non sta per strada ad affrontare i problemi di tutti i giorni assieme e agli agenti ma sta, invece, ben rintanata negli uffici a scrivere norme inapplicabili.
In caso di «elevata potenzialità offensiva del soggetto, con gli operatori in palese svantaggio», recita un’altra regola, gli agenti devono avvisare la sala operativa e, poi, «congelare la scena in attesa dell’arrivo del personale medico». Congelare? Si, ma come? Le regole di ingaggio non lo dicono.
L’ultima, appunto, è quella di un numero sul casco. I numeri, quelli veri, li elencano gli stessi poliziotti: 6.000 feriti in un anno fra le forze dell’ordine a causa delle manifestazioni. Questi sono i veri numeri che dovrebbe aver presente chi stila le nuove regole di ingaggio.