Il Pd cambia idea: le “pagelle” della Merkel non sono più “cosa giusta”
L’algida cancelliera Angela Merkel non si smentisce, a cambiare idea semmai è la sinistra italiana che, oggi al governo, si ribella con toni ultimativi all’invasione di campo di Berlino dimenticandosi le passate lodi del rigore germanico.
La zampata
In una lunga intervista a Die Welt, fiore all’occhiello della stampa conservatrice, la Merkel torna a fare le pulci al al bilancio italiano contenuto nella tormentata legge di Stabilità. Non ci siamo, ha detto in soldoni mettendo in luce che l’esame europeo all’Italia è solo rimandato alla verifica che si terrà a primavera. Due le parole chiave della sostanziale bocciatura: riforme insufficienti e misure supplementari. Il nostro Paese, accomunato alla Francia nella scomunica, resta insomma un sorvegliato speciale, sempre in bilico tra sanzioni per lo sforamento dei conti pubblici e la “benevolenza” europea in attesa che Roma completi i compiti a casa.
La voce grossa di Renzi
«Non ci facciamo intimidire e andiamo avanti per la nostra strada». È un Matteo Renzi con l’elmetto quello che risponde alla «inaccettabile scorrettezza» del leader straniero e detta la nuova linea ai suoi. Basta pagelle, ha avvertito il Sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, solitamente mite. «Non sta ai capi di governo interpretare le opinioni della Commissione europea. Il governo italiano non si è mai permesso di dare pagelle su un Paese membro dell’Unione e chiediamo lo stesso rispetto», ha aggiunto invitando Berlino a occuparsi degli affari propri. Dello stesso tenore il commento del sottosegretario Graziano Delrio: «Non c’è nessuno che fa i compiti e nessuno che esegue. Piuttosto l’eccesso di surplus della Germania crea problemi. Ognuno metta ordine a casa propria prima di giudicare».
Addio feeling
Addio feeling del Pd con la cabina di regia tedesca, alleata esemplare quando dai consessi internazionale bacchettava l’Italia guidata dal nemico Berlusconi. La difesa della sovranità e della dignità nazionale, stella polare del Cavaliere, un tempo demonizzata come un pericoloso sussulto di nazionalismo oggi è diventata la prima fonte d’ispirazione di Palazzo Chigi e del Nazareno, che scoprono tardivamente anche il bluff dei declassamenti delle agenzie di rating. Praticamente ignorata l’ultima sforbiciata che pesa sul rilancio italiano firmata da Standard&Poor’s , un tempo considerato vangelo quando si trattava di gioire per l’impennata dello spread e mandare a casa l’ex premier.
Berlino ci ripensa
Parziale marcia indietro di Berlino per attutire il braccio di ferro con Renzi. Il giorno dopo il fattaccio, il portavoce della Merkel, Steffen Seibert, e il ministro dell’Economia, Wolfgang Schaeuble, si precipitano a stemperare le parole della lady di ferro. «Non tocca al governo tedesco dare consigli ai vicini o ai partner. La Germania ha rispetto per le riforme portate avanti in Italia, per le quali occorre coraggio», assicura il portavoce definendo il Jobs Act «un primo passo importante». «L’Italia ha approvato una riforma notevole del mercato del lavoro – conferma Schaeuble – la Commissione ha proposto di dare più tempo ad alcuni, e il tempo deve essere usato».