La Meloni pronta per governare la Capitale: «Se i romani lo vorranno»

10 Dic 2014 11:04 - di Alessandra Danieli

Giorgia Meloni si scalda i muscoli per il Campidoglio? L’ipotesi non è nuova, di lei si parlò fin dalle scorse elezioni come alternativa a Gianni Alemanno, ma in queste ore di tsunami capitolino si fa più concreta: dopo giorni di silenzio è lei stessa, dalle colonne di Repubblica,  a non escludere la candidatura a sindaco, anche se «è prematuro parlarne», precisa. Nello scenario terremotato di MafiaCapitale la leader di Fratelli d’Italia, al terzo posto nel cuore degli italiani dopo Matteo Renzi e Matteo Salvini, è considerata l’unica carta vincente di un centrodestra da ricostruire, a partire dal rinnovamento della vecchia classe dirigente e archiviando la pratica delle scelte dall’alto poco condivise dalla base.

Scende in pista?

Scende in pista? Solo se i romani vorranno. «Cominciamo a sciogliere il Consiglio comunale («commissariare per mafia la capitale d’Italia sarebbe un’onta e un danno gravissimo per i cittadini onesti)– dice –  il resto viene dopo. Saranno i romani a selezionare i candidati con le primarie».  Sull’endorsement “a metà” di Matteo Salvini, che giorni fa aveva annunciato il suo voto “virtuale” per Giorgia (è l’unica faccia pulita), preferisce sorridere. Prima ricambia il favore con una battuta («Beh anch’io vedrei non vedrei male lui come sindaco di Milano), poi spiega: «Scherzi a parte, mi fa piacere, lo stimo, ma saranno i miei concittadini a selezionare i candidati».

Le primarie

Da sempre portabandiera delle primarie, uno dei nodi irrisolti che portò all’uscita dal Pdl berlusconiano,  la leader di FdI è convinta che ci sia ancora una classe dirigente ma che vada battezzata dal basso. Intanto dà appuntamento domenica mattina a Roma al Teatro Quirino per una grande manifestazione dal titolo l’Italia soprattutto per parlare dei guai «della Nazione e di Roma e di come venirne fuori». E  sul web cresce il pressing per un’alleanza con il Carroccio all’insegna dei temi comuni a partire dalla sovranità monetaria e dalla crociata contro l’Europa dei banchieri e della grande finanza.

Il colore dei soldi

«A Roma succede che un sistema di potere e di corruzione trasversale ai partiti sembra aver preso possesso dei gangli dell’amministrazione. C’è il rosso e c’è il nero, ma l’unico colore che prevale è il colore dei soldi. Un quadro comunque vergognoso, perché in tanti hanno lucrato sulla povera gente, perfino sugli immigrati», dice la Meloni ricordando ai più distratti che il suo partito fu l’unico a denunciare, in tempi “non sospetti” la gigantesca  speculazione sul business degli immigrati con interrogazioni, marce, proteste per lo più ignorate dalla grande stampa. «Ancora a luglio chiedevamo  al ministro Alfano e al sindaco Marino perché Roma dovesse ospitare  2500 profughi contro i 104 di Milano o i 65 di Firenze».

Serve discontinuità

Sarà la magistratura ad accertare le responsabilità penali di Gianni Alemanno, dice la Meloni aggiungendo di essere certa che «ne uscirà bene». Sotto il profilo politico, però, «bisogna ammettere che l’ex sindaco in cinque anni non è riuscito a infrangere quel sistema di  potere che si era consolidato sotto le amministrazioni precedenti».

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