Dietrofront (a metà) del sindaco Pd di Bari: sui moduli “genitore” senza 1 e 2

10 Dic 2014 12:31 - di Priscilla Del Ninno

Prova l’affondo a sua detta anti-omofobo, ma la rivolta delle famiglie lo costringe al dietrofront, anche se a metà. Si parla del sindaco di centrosinistra di BariAntonio Decaro, che ha pensato bene di tornare e reinserire i termini di genitore 1 e genitore 2 in sostituzione dei tradizionali madre e padre nei moduli d’iscrizione dei bambini dell’asilo, salvo poi tornare sui suoi passi, costretto alla retromarcia dalla ribellione delle famiglie. In un ideale vocabolario di definizioni e metafore il termine anti-omofobia, infatti, dovrebbe essere parafrasato come il politicamente corretto spinto oltre i limiti di una paradossale stupidità. Una crociata sociale, quella che punta alla riproposizione ciclica nei moduli scolastici della firma genitore 1 e genitore 2, ormai ridotta ai minimi termini della farsa. Se non fosse che i diktat del manifesto omossessualista vengono rispolverati a fasi alterne dalle varie amministrazioni cittadine di marchio rigorosamente vetero-progressista. L’ultimo caso, appunto, è accaduto a Bari.

La rivolta contro il primo cittadino

La cosa, neanche a dirlo, ha scastenato la ribellione di piazza di genitori, cittadini baresi, forum delle famiglie, mondo cattolico e opposizioni, soprattutto quelle rappresentate dagli esponenti di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, da subito impegnati in questa battaglia. Un mondo in rivolta che, insieme a diverse associazioni, ha manifestato davanti a Palazzo di Città, in corso Vittorio Emanuele, contro l’inopportuna decisione dell’amministrazione comunale di cambiare la modulistica. Rimostranze che hanno ribadito come escludere il termine madre e padre discrimini, e non il contrario. Un argomento che ha la linearità della logica, che deve aver convinto il primo cittadino di Bari, tanto da indurlo al dietrofront (a metà): e dopo aver incontrato i manifestanti, a optare per la parola “genitore” – a sua detta più “inclusiva” comunque – ma acconsentendo al tempo stesso a eliminare la numerazione 1 e 2.

La battaglia dei termini: una discriminazione al contrario

Ma davvero, ci chiediamo, c’è ancora qualcuno che pensa che il progresso possa passare dall’azzeramento e dalla negazione del passato? E su quali basi, poi, ci si dovrebbe convincere che le parole padre e madre, rimandando a un concetto “bicolore” della famiglia classicamente intesa, possano ferire la sensibilità delle minoritarie “famiglie arcobaleno”? Fino a prova contraria, infatti, i figli nascono ancora da una mamma e da un papà, e non da chi ne fa le veci (tanto per tornare a “vecchie” formule modulistiche), e continuare a chiamarli figli – e non prole 1 o prole 2 – non dovrebbe cominciare a urtare la suscettibilità di nessuno. In questa insulsa battaglia terminologica, infatti, non c’entrano niente i diritti delle coppie omosessuali o le battaglie civili contro la discriminazione sociale: qui si parla di un provvedimento assurdo che offende in prima battuta buon senso e comune sentire.

 

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