La Cgil come i “gruppettari” del ’77 e Lama che parlava come Renzi

26 Nov 2014 20:41 - di Redattore 89

Susanna Camusso e Maurizio Landini? «Nel ’77 si sarebbero ritrovati con i gruppettari che contestarono Lama alla Sapienza». Parola di Fabrizio Rondolino, che su Europa di qualche giorno fa ha dedicato un’ampia riflessione all’atteggiamento della Cgil di oggi, partendo da un’intervista che Luciano Lama rilasciò a Eugenio Scalfari nel 1978 e con cui annunciò cambiamenti radicali nella politica sindacale.

La nostalgia di Lama

«Ascoltando Camusso, che nostalgia di Lama», era il titolo della provocazione di Rondolino, rilanciata oggi dal Foglio con il titolo «Un Lama renziano del 1978 e l’arretratezza sindacale di Camusso». Rondolino non si è spinto ad arruolare lo storico leader sindacale tra le truppe del premier, ma parole, eventi e strappi alla mano ha voluto sottolineare quanto oggi «una linea sindacale guerrigliera» sia l’opposto di quello che serve al Paese e al sindacato stesso.

Operai occupati vs disoccupati

Per dimostrare che la Cgil di oggi è un sindacato rimasto alla fase “gruppettara” Rondolino l’ha messa a confronto con quella intervista in cui Lama parlava della necessità di «mobilità effettiva della manodopera e fine del sistema del lavoro assistito in permanenza». E ancora: «Se vogliamo esser coerenti con l’obiettivo di far diminuire la disoccupazione è chiaro che il miglioramento delle condizioni degli operai occupati deve passare in seconda linea». «Quando si deve rinunciare al proprio particulare in vista di obiettivi nobili, ma che in concreto non danno benefici a chi è chiamato a sopportare sacrifici, ci vuole – chiarì Lama – una dose molto elevata di coscienza politica e di classe».

Quando Berlinguer sconfisse il riformismo

Rondolino ha anche ricordato che il riformismo di Lama «fu sconfitto, e anche malamente, prima di tutto da Berlinguer, che dopo il fallimento della solidarietà nazionale trascinò il Pci in una battaglia tanto radicale quanto residuale contro la modernità». Dopo quella sconfitta, che fu una sconfitta del tentativo di Lama di «sporcarsi le mani per il bene comune», secondo il giornalista, la Cgil non ha mai più saputo trovare una via per stare nello spirito dei tempi e avere «un ruolo nazionale, cioè propositivo».

Il potere di veto, per difendere l’esistente

Si è ridotta, invece, «alla difesa dell’esistente e all’esercizio, spesso efficace, del potere di veto». «Anziché soggetto politico impegnato nel cambiamento e motore del riformismo, come voleva Lama, il sindacato è diventato, nei fatti, il baluardo della conservazione», ha scritto Rondolino, auspicando la sconfitta di questa linea e sottolineando che «un Paese maturo ha bisogno di un sindacato maturo».

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