“La mafia ucciderà Borsellino”. Ignorato l’allarme dei carabinieri
Un documento del comandante generale dell’Arma dei carabinieri Antonio Viesti – agli atti del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia – indirizzato al Servizio segreto militare il 20 giugno ’92, segnalava che dopo Falcone (ucciso il 23 maggio a Capaci) l’obiettivo della mafia era il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Borsellino, che “correrebbe seri pericoli – si legge nel documento pubblicato oggi dal Corriere della Sera – per la sua incolumità a causa delle ultime inchieste sulla mafia trapanese”.
Rischi per Andò e Mannino
La nota ribadisce che anche i politici siciliani Salvo Andò (Psi) e Calogero Mannino (Dc) correvano rischi, come era stato segnalato già dopo l’omicidio di Salvo Lima avvenuto il 12 marzo ’92. L’appunto indica anche come possibili vittime della mafia due carabinieri in servizio a Palermo: il capitano Umberto Sinico e il maresciallo Carmelo Canale, che lavorava con Borsellino. Viesti scriveva che le finalità della mafia erano quelle di “indurre un clima di grave intimidazione nei confronti di politici, per flemmitizzare l’impegno contro la criminalità ed eliminare fisicamente alcuni inquirenti evidenziatisi nella recente, proficua attività di repressione”.
Parole inquietanti
Una nota inquietante secondo Giovanni Bianconi, che sul Corriere così commenta: “Pur senza usare il termine trattativa l’appunto del comandante dei carabinieri fa esplicito riferimento agli obiettivi perseguiti dalle bombe mafiose; e sembra collimare con l’idea del ricatto alle istituzioni ipotizzato dall’accusa nel processo che vede alla sbarra boss, ex ufficiali dei carabinieri ed esponenti politici dell’epoca. Tra i quali Mannino, che proprio temendo per la propria vita avrebbe dato l’input per avviare i primi contatti tra investigatori e ‘uomini d’onore’ “.