Corea del sud, si suicida il capo della sicurezza dopo la morte di 15 ragazzi al concerto rock

18 Ott 2014 20:20 - di Redazione

Non ha retto al peso delle responsabilità, o forse alla paura delle conseguenze penali, e si è suicidato. Il responsabile della sicurezza del concerto rock a Seongnam, in Corea del Sud, dove ieri sono morti 16 ragazzi, si è gettato poche ore dopo da un edificio vicino al luogo della tragedia.
«Sono costernato per coloro che sono morti… per favore prenditi cura dei miei figli», ha scritto Oh, 37 anni, in un biglietto d’addio indirizzato a sua moglie, dopo essere stato interrogato dalla polizia insieme ad altre 15 persone che si erano occupate dei servizi relativi all’organizzazione del concerto.
Il suo corpo è stato ritrovato questa mattina all’alba ma non sono stati diffusi altri particolari né informazioni sull’eventuale autopsia. La notizia è stata data dal portavoce dei soccorritori, Kim Nam-Jun.
Almeno 700 persone si erano ritrovate per il concerto di 4Minute, popolare band femminile e, secondo le prime ricostruzioni, un gruppo di ragazzi, per vedere meglio, era salito su una griglia di aereazione posta su una base rialzata e non protetta da alcun sistema di sicurezza, anche se gli organizzatori a più riprese avevano chiesto agli spettatori di scendere.
La griglia ha ceduto e 25 ragazzi sono precipitati da un’altezza di 18 metri schiantandosi sul suolo di un parcheggio sotterraneo.
Molti dei feriti sono in gravi condizioni e il numero delle vittime potrebbe salire.
Una nuova tragedia dopo quella del traghetto Sewol, affondato in aprile per il sovraccarico e nella quale morirono più di 300 persone, in maggioranza studenti, in gita verso l’isola di Jeju, sempre in Corea del Sud. Anche allora ci fu un suicidio, quello del vicepreside della Danwon High School di Ansan, alle porte di Seul, responsabile della scolaresca. Il corpo di Kang Min-kyu, venne ritrovato privo di vita appeso a un albero su una collina vicino alla palestra dell’isola di Jindo, a pochi chilometri dalla zona del naufragio.
Kang, 52 anni che era sopravvissuto, non lasciò, al contrario di Oh, nessun messaggio. Allora ci fu chi parlò di gesto estremo dovuto al senso di colpa ma anche al senso di responsabilità confuciana «tra singolo e gruppo sociale» radicato profondamente nella cultura coreana. Ma, sensi di colpa a parte, la Corea del Sud è il terzo Paese al mondo per numero di suicidi, il 28,9 per cento del totale, secondo i dati dell’Associazione Internazionale di prevenzione dei suicidi (Iasp) che lavora in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della Sanità.

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