Cgil in piazza: un rito stanco, con il ritornello di “Bella ciao”
A Piazza San Giovanni è andato in onda un vecchio film: bandiere rosse al vento, l’annuncio di prammattica del «milione in piazza», l’immancabile Bella ciao a fine comizio. La Cgil di Susanna Camusso si conta e mostra i muscoli. La Susanna segretario prova a minacciare Renzi: «Continueremo anche con lo sciopero generale». E poi prosegue con la politica del piagnisteo. «Non si esce dalla crisi punendo il lavoro», dice attaccando il Jobs Act. Ma più che una manifestazione di imponenza, sembra una prova di impotenza: i tempi sono cambiati, la sinistra è lacerata.
Vero significato
Il significato vero di questa giornata coniste nel fatto che abbiamo assistito all’epifania del Pd di piazza e di Leopolda. Tra i manifestanti si vedono, tra gli altri, Civati, Cuperlo e Fassina. I nervi sono tesi. Esplode anche la lite tra Bindi e Serracchiani in diretta tv. Ma la bordata che arriva dalla Leopolda contro la Cgil in piazza è anche più pesante. Davide Serra, finanziere vicino a Renzi e proprietario del Fondo Albebris dice di essere favorevole a limitare il diritto di sciopero dei lavoratori pubblici. «Dico che è un diritto, cerchiamo di capire che è un costo». E dopo aggiunge: «Se vogliono aumentare i disoccupati facciano lo sciopero generale». Maria Elena Boschi prova ad abbassare la febbre con parole soavi: «Rispettiamo la piazza non c’è nessuna conta e nessuno scontro tra chi è a Roma e chi è alla Leopolda». Beato chi ci crede. Il partito a vocazione maggioritaria di Renzi rischia di fare la fine del rospo della fiaba. Si gonfia, si gonfia, si gonfia… e poi esplode.