Pugno duro del Tribunale contro Genovese (Pd): «Spregiudicato e incline a delinquere, torni in carcere»

30 Ago 2014 13:49 - di Redazione

Spregiudicato. Incline a delinquere in modo sistematico. Di più. Addirittura «professionale» nel suo sofisticato sistema illecito ben collaudato e consolidato nel tempo che ha perfezionato e che gli ha consentito appropriarsi di un ingente quantitativo di denaro pubblico. Per questo Fracantonio Genovese, deputato del Pd, deve tornare in cella, secondo il Tribunale del Riesame di Messina, che, accogliendo il ricorso della Procura, ha disposto la custodia cautelare in carcere revocando gli arresti domiciliari.
I giudici del Riesame hanno annullato l’ordinanza del gip che scarcerava il parlamentare indagato per associazione per delinquere truffa e frode fiscale sulla formazione in Sicilia disponendone gli arresti domiciliari ma Genovese non andrà subito in cella perché l’ordinanza non è esecutiva fino al momento in cui lo diventerà per termini o sentenza della Cassazione.
Genovese, che è agli arresti domiciliari dal 21 maggio 2014, si era costituito nel carcere di Messina sei giorni prima, subito dopo che la Camera dei deputati aveva votato l’autorizzazione al suo arresto. Dopo l’interrogatorio di garanzia il gip di Messina aveva ritenuto che permaneva «il concreto pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose», ma allo stesso tempo erano «attenuate le esigenze cautelari» tenuto conto anche dell’atteggiamento dell’indagato il quale, «pur avendo la concreta possibilità di sottrarsi all’esecuzione della misura, durante l’esame dinanzi alla Camera dei deputati, si è spontaneamente costituito».
Una decisione che adesso il Tribunale del Riesame, accogliendo il ricorso presentato dalla Procura di Messina, ha ribaltato: disponendo la misura della custodia cautelare in carcere in sostituzione degli arresti domiciliari. I giudici di fatto «sospendono l’esecuzione» del provvedimento «sino al momento in cui diventerà definitivo». Il 7 agosto scorso la Camera dei deputati aveva detto sì alla concessione delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche a carico di Francantonio Genovese. L’Assemblea aveva però autorizzato soltanto le comunicazioni precedenti alla iscrizione nel registro degli indagati del parlamentare, avvenuta il 12 dicembre del 2011.
Il nuovo provvedimento del Riesame coglie di sorpresa il difensore di Genovese, l’avvocato Nino Favazzo: «Apprendo la notizia in questo momento dalla stampa: valuteremo con attenzione l’ordinanza e sicuramente presenteremo ricorso in Cassazione per far valere le ragioni del mio assistito. Mi stupisce molto questa ordinanza che a una prima lettura – osserva Favazzo – mi sembra debole e inconsistente. Si sostiene, in sintesi, che Genovese controllasse la Formazione da casa, e che l’unico posto dove non possa farlo è il carcere. Mi sembra che la decisione sia più legata ad altre decisioni prese dal Tribunale che hanno avuto un effetto “trascinamento” sul mio assistito. «Non ci sono dubbi – conclude il legale del deputato del Pd – che dopo avere letto in maniera approfondita l’ordinanza presenteremo ricorso avverso in Cassazione».
Ma i giudici del Riesame sono nettissimi nella ricostruzione del “personaggio” Genovese e di come si è mosso il parlamentare Pd: «Il Collegio ritiene che le condotte illecite perpetrate dall’indagato in modo sistematico rendano oltremodo concreto il pericolo di reiterazione delittuosa e siano sintomatiche di un sofisticato sistema illecito ben collaudato e consolidato nel tempo, che l’indagato ha avviato e perfezionato in modo “professionale”», scrivono i giudici del Riesame nel loro provvedimento.
Secondo il Tribunale che ha dato ragione alla Procura e torto al gip che aveva scarcerato Genovese, da ciò traspare una «spregiudicatezza e una non comune inclinazione a delinquere dell’indagato» che «possono essere contenute soltanto con la misura di massimo rigore, tenuto conto – scrivono nell’ordinanza – della natura , della gravità degli illeciti contestati e dell’ingente quantitativo di denaro pubblico di cui Genovese si è appropriato nel tempo, usufruendo, per finalità privatistiche e personali, della carica pubblica rivestita».
Per il Tribunale, gli arresti domiciliari sarebbero per Genovese una «località protetta» dove potrebbe «continuare a mantenere in vita rapporti e illecite attività» visto che con le «guarentigie» l’abitazione diventa «invalicabile», un privilegio che, scrivono i giudici, il deputato Pd avrebbe usato per trasferire documenti contabili nel limite posto nell’effettuazione di perquisizioni.
Il Tribunale ritiene che Genovese abbia «mantenuto il controllo della Caleservice, società attraverso la quale ha riciclato denaro» e ha commesso «plurime e ingenti evasioni fiscali».
La revoca degli accreditamenti di alcuni enti di formazione per i giudici «non scongiura il pericolo di reiterazione delittuosa» visto che, sostengono i giudici, il parlamentare Pd può «usufruire di una fitta rete di prestanome».

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