Mostro di Firenze, un mister X chiede al Comune i resti di Pacciani

29 Ago 2014 18:54 - di Redazione

Almeno una richiesta per avere i resti di Pietro Pacciani, accusato come assassino delle coppie uccise dal mostro di Firenze, è arrivata al Comune di San Casciano Val di Pesa, ma è stata respinta. Dalla riesumazione della salma, il 17 luglio 2013, ad oggi, nessuno aveva reclamato i resti del contadino di Mercatale, neanche le figlie..
Unico caso, tempo fa, quello di un misterioso richiedente, italiano, a cui è stato detto no. Da oltre un anno i resti di Pacciani sono in deposito in una cassetta di zinco: potrebbero finire in ossario.
Sull’identità del mister X che ha chiesto, in via formale, i resti mortali di Pietro Pacciani c’è massimo riserbo.
Il Comune lascia trapelare solo che è un soggetto estraneo alla famiglia e che, pertanto, non ha titolo a fare la richiesta. Anche altri avrebbero sondato, nei tempi scorsi, la possibilità di avere i resti del “compagno di merende”, pare a fini di ricerca. Tra questi, si parla addirittura di un centro studi tedesco e di un ateneo italiano.
Pietro Pacciani, al centro della vicenda giudiziaria del mostro di Firenze, morì nella sua casa di Mercatale Val di Pesa il 22 febbraio 1998.
Poi, il 17 luglio 2013, all’alba, i suoi resti vennero riesumati dal cimitero di Mercatale, come accade a 15 anni dalla morte.
Le figlie tuttavia non hanno mai richiesti i resti del padre e, da allora, giacciono in una cassetta di zinco nel deposito del cimitero comunale di San Casciano Val di Pesa.
Condannato in primo grado a più ergastoli per 7 degli 8 duplici omicidi di cui è stato ritenuto responsabile il mostro di Firenze, Pacciani è però morto prima di essere sottoposto al nuovo processo d’appello che si sarebbe dovuto tenere in seguito all’annullamento, nel 1996, della sentenza di assoluzione da parte della Cassazione. Condannati, invece, in via definitiva, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, i cosiddetti “compagni di merende”.
Nell’arco di quasi 20 anni il cosiddetto mostro di Firenze ha assassinato giovani coppie che si erano appartate nella campagna fiorentina secondo una sequenza di elementi che hanno fatto ritenere agli investigatori che vi fosse un filo comune fra tutti i delitti: il modus operandi, il contesto ambientale degli omicidi – stradine isolate o piazzole frequentate da coppie in cerca di intimità e da guardoni – quasi sempre d’estate, nei fine settimana o nei prefestivi. Anche l’arma utilizzata per uccidere era sempre la stessa: una Beretta serie 70 calibro 22 a canna lunga con munizioni Winchester. Il serial killer sparava, generalmente, prima all’uomo e poi alla donna. E, poi, in molti casi, infieriva sui corpi femminili con un arma da taglio seguendo pratiche feticiste. Alcune perizie, fra le quali quella dell’Fbi chiamata a dare un contributo alle indagini, ricostruirono l’altezza del mostro come quella di una persona alta circa 180 centimetri mentre Pacciani non arrivava ad 165 centimetri.

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