Il Califfato minaccia tutto il Medio Oriente. Un portavoce dell’Isis: siamo forti, questo è solo l’inizio
Attenzione: il Califfato islamico di Mosul non è un problema solo dell’Iraq o della Siria, ma è una realtà che minaccia la stabilità dell’intero medio Oriente. Lo sottolinea il politologo americano Ian Bremmer, in un’intervista al Corriere della sera. Secondo Bremmer, la mancanza di un direttorio internazionale e il ritiro degli usa dall’Iraq hanno lasciato aperti varchi “a questa falange di terrore”. In ogni caso, sostiene, il conflitto a suo avviso sarà limitato: “Obama vuole bloccare l’avanzata dell’Isis ma non distruggerlo. E vuole cacciare da Baghdad Al Maliki che invece è ancora appoggiato dai suoi alleati russi e iraniani. Se non si fosse mosso il Pentagono c’era il rischio che ad offrire una copertura aerea al regime sciita fossero Mosca o Teheran. Comunque non credo che l’isis voglia espandere il controllo del suo territorio a Sud, verso Bassora o anche a Bagdad. Vogliono rafforzarsi nelle zone sunnite”. Quanto alla Siria, “non esiste più come stato unitario”, ci sono solo “territori e popolazioni leali a questo o a quel leader”.
Un portavoce dell’Isis, sempre dalle colonne del Corriere, minaccia gli occidentali: “Sino ad ora abbiamo utilizzato solo una minima parte delle forze che abbiamo a nostra disposizione. Voi non potete neppure immaginare quanto siamo forti”. E’ l’avvertimento di Haji Othman, l’uomo dell’Isis che i cristiani fuggiti da Mosul descrivono come rappresentante del Califfato per i rapporti con le comunità non musulmane. Ai cristiani che vorrebbero tornare alle loro case di Mosul e nella piana di Ninive Othman dice “che possono tornare, saranno i benvenuti. Ma a una condizione: che si convertano all’Islam. Allora li accoglieremo da fratelli”. Se vogliono restare cristiani, “allora devono pagare la Jeziah”, una tassa imposta alle minoranze non islamiche.