Gaza City e la stabilità del terrore: altri 5 morti dopo il lancio di razzi verso Israele
Ormai nella Striscia la situazione è avviata verso una tragica stabilità: ogni volta che parte un razzo verso gli insediamenti israeliani di confine o verso Gerusalemme o Tel Aviv, scatta immediata la reazione ebraica con tanto di bombardamenti da parte dell’aviazione con la stella di David. L’ultimo bilancio a Gaza City, secondo l’agenzia Maan che cita fonti locali, parla di cinque palestinesi morti negli attacchi portati venerdì notte dai raid israeliani, dopo che almeno quattro razzi erano stati lanciati verso Israele dai miliziani di Hamas. Sono stati colpiti il campo profughi di Nuseirat nel centro della Striscia e anche alcune moschee a Rafah e Khan Younis nel sud dell’enclave palestinese. L’esercito israeliano ha fatto sapere che durante la notte sono stati circa 33 gli «obiettivi» colpiti. Inoltre il portavoce militare – citato dai media – ha confermato che due uomini sono stati uccisi a bordo di una motocicletta in un campo profughi nel centro della Striscia e che i due erano «militanti di una fazione palestinese». Per parte sua la dirigenza di Hamas usa la collaudata tecnica del bastone e della carota. Nega cioè qualsiasi possibilità di dialogo con Israele, ma si mostra pronta a considerare sia l’opzione tregua sia il cessate il fuoco nell’eventualità di un concreto avvio di negoziati tra le parti. «Vogliamo dare una possibilità ai negoziati e non siamo interessati ad una escalation» ha infatti affermato, citato da «Times Of Israel», il portavoce di Hamas a Gaza Sami Abu Zuhri. Il quale subito dopo ha chiarito che, «se l’occupazione insiste nel continuare il conflitto, siamo pronti a questo», spiegando così il punto di vista di Hamas: «Non possiamo tornare al punto di partenza e accettare il blocco di Gaza e dei suoi residenti».