Bambini tra i cavi elettrici: scoperto a Milano un asilo nido abusivo gestito da cinesi

8 Ago 2014 18:51 - di Redazione

Bambini di due anni che giocano tra i cavi elettrici, che entrano liberamente in cucina tra sporco e avanzi di cibo. È la triste situazione “fotografata” in una sorta di asilo abusivo asilo cinese scoperto dalla polizia a Milano. Due “educatrici” (con precedenti penali) sono state denunciate per esercizio abusivo della professione, e una ventina di bambini, tutti asiatici, sono stati riconsegnati ai genitori. L’attività, che si trova in zona Cenisio, gestita da una sedicente “associazione di mutuo soccorso”, presentava gravi violazioni della sicurezza e delle norme igieniche, ed è stata posta sotto sequestro. I Vigili del fuoco e l’Asl, intervenuti sul posto insieme alla polizia, non hanno avuto dubbi: la struttura era invivibile e andava chiusa in via cautelativa. Poco rassicurante anche il curriculum delle “educatrici”, due cinesi di 34 e 40 anni, che hanno diversi precedenti per violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Accertamenti invece , da parte della polizia, nei confronti del proprietario dei locali, che affittava regolarmente ai cinesi, e di un’associazione che gestirebbe l’attività. Si tratta di una sedicente associazione di cui le due cinesi hanno mostrato un atto costitutivo agli agenti del commissariato che si sono recati sul posto a seguito di un esposto fatto da chi aveva notato da un po’ la presenza di tanti, troppi bambini, una quarantina, che tutte le mattine, dal lunedì al sabato compresi, dalle 9 alle 17, arrivavano alla spicciolata nella struttura, al piano terra, che non era nemmeno segnalata da un cartello. Quando i poliziotti sono venuti a controllare, nello stabile in via General Govone, alle spalle di via Cenisio, in una zona non particolarmente abitata da emigrati cinesi, hanno trovato una ventina di bambini, di età compresa tra i 20 mesi e i 3 anni. Alcuni giocavano nel grande open-space centrale, con piccoli banchi e sedie, altri riposavano in una stanzetta con dei materassini a terra, altri ancora salivano su un soppalco senza adeguata protezione, mentre alcuni si trovavano in cucina, l’accesso alla quale era pericolosamente libero. I genitori, a cui sono stati riaffidati i bambini, sono tutti immigrati regolari che lavorano. Pagavano 80 euro al mese per il servizio di “asilo” e non sono emersi elementi che possano spiegare come mai abbiano deciso di non affidarsi alla scuola pubblica, o parificata, a parte la tradizionale ritrosia cinese verso la cultura occidentale.

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