Riforme, governo in difficoltà. Sempre più probabile il rinvio a settembre
È stallo al Senato sulle riforme. Al momento in cui scriviamo i lavori in aula sono sospesi su richiesta del capogruppo del Pd, Luigi Zanda, mentre il presidente Piero Grasso ha convocato d’urgenza la conferenza dei capigruppo. Finora gli emendamenti discussi e votati sono appena tre su circa 9000 . È evidente che se vuole evitare il rinvio a settembre dell’intero pacchetto, il governo deve cercare e trovare una mediazione politica. Renzi continua ad ostentare sicurezza ma al momento l’ostruzionismo non appare superabile con gli strumenti regolamentari né – tantomeno – con la minaccia delle urne rinnovata proprio in queste ora dal presidente del Pd Matteo Orfini. Sembra esserne consapevole il ministro Boschi che ha annunciato la disponibilità dell’esecutivo “a migliorare il testo, ma non a stravolgerlo”. Una precisazione scontata, la sua, ma rivelatrice di una difficoltà evidentemente sottovalutata. Comunque sia, ha precisato, “andiamo avanti”.
Difficoltà che dal canto suo l’opposizione mira ad esasperare per aprire una breccia nel testo predisposto del governo. In tal senso il grillino Di Maio è fin troppo esplicito: ”La fine dell’ostruzionismo – ha dichiarato in un’ intervista all’Avvenire il vicepresidente della Camera – è nelle mani di Renzi. Iniziamo dal Senato elettivo e dall’immunità. Diano un segnale di apertura e di dibattito su questi temi e l’ostruzionismo si può fermare”. In ogni caso – avverte – “prima sarebbe auspicabile cambiare la legge elettorale. Noi siamo disponibili, con il Pd possiamo chiudere in pochi giorni”.
Sul tema della legge elettorale interviene anche il presidente dei Popolari per l’Italia Mario Mauro: “È chiaro che il vero ostacolo alla riforma del Senato è l’Italicum. I tentativi di inserire in Costituzione alcuni passaggi della legge elettorale, manifestano chiaramente quali sono le vere preoccupazioni del Partito democratico e di Forza Italia”.
Di tutt’altro avviso la forzista Daniela Santanché, secondo la quale “i ritardi nel cammino della legge di riforma costituzionale sono da attribuire alle “diatribe” interne al Pd”. “Il tempo – ha aggiunto – serve al Pd perchè questo renzismo lo ha destabilizzato, quindi il tempo non serve nel merito della riforma. Nel momento in cui si risolvono i nodi cruciali all’interno del Partito democratica, la riforma del Senato si vota in dieci giorni”. E non è da escludere che la questione interna al Pd non riguardi anche il presidente Grasso se è vero, come è vero, che Orfini ha già fatto sapere che “vanno evitate interpretazioni forzate del regolamento”.