Mussolini: «Doppio cognome? Tutto da rifare. Un partito trasversale ha affossato la proposta»

17 Lug 2014 14:38 - di Priscilla Del Ninno

La proposta di legge sul doppio cognome, già passata il 10 luglio in commissione Giustizia, e arrivata speditamente in Aula lunedì, rallenta la sua andatura con una brusca frenata bipartisan. Lo stop, arrivato mercoledì a Montecitorio, ha colto molti di sorpresa, eppure, stante il dibattito che già nei giorni scorsi che aveva spaccato verticalmente le fazioni parlamentari alle prese con il testo in oggetto, era nelle rosa delle possibilità che la corsa diventasse una maratona disseminata di ostacoli. E così, in una manciata di ore, si è riaccesa una diatriba che si sperava fosse giunta a una sintesi dialettica, prima ancora che politica. Niente di fatto invece: e, anzi, la battaglia culturale combattuta fin qui a colpi di fioretto rischia a questo punto di procedere con stoccate decisamente meno eleganti. Le polemiche nate sulla proposta di legge che supera l’obbligo di trasmettere ai figli il cognome del padre, consentendo la libertà di scelta – in pratica a un figlio potrà andare o il cognome paterno, o quello della madre, o tutti e due – stanno rinfocolando di giorno in giorno il carattere rivoluzionario – da un punto di vista culturale – della proposta: dopo l’ok ai primi tre articoli, infatti, sono cominciati ad emergere in Aula malumori trasversali, che hanno portato a interrompere le votazioni e a ricorrere al Comitato dei Nove, dove la discussione si è accesa superando le linee degli schieramenti partitici, con divisioni emerse all’interno di FI come all’interno del Pd. La conclusione è stata il rinvio con – a parte le criticità rilevate sui vari punti del testo – un’unica certezza a motivarlo: l’impasse – confermano infatti in Transatlantico – ha riacceso quel «blocco culturale e patriarcale» contro la proposta di legge che nei giorni scorsi appariva sopito. Ne abbiamo parlato con la deputata di Forza Italia Alessandra Mussolini, tra le più convinte sostenitrici della proposta.

Allora onorevole, si era arrivati con un testo votato all’unanimità in commissione Giustizia, che poteva allineare l’Italia agli altri Paesi europei (Francia, Spagna, Germania, Inghilterra) in materia di trasmissione del cognome ai figli. Sembravano tutti d’accordo, poi cos’è successo?

È accaduto che il testo, che era stato votato in commissione all’unanimità, visto che recepisce una norma di buon senso in vigore in molti stati dell’Ue, è stato bloccato a causa dell’opposizione trasversale di alcuni deputati, in prevalenza uomini, e dunque ora si deve ricominciare tutto da capo.

Per alcuni questa proposta di legge è un doveroso passo avanti verso la parità dei sessi e il tardivo strappo con un discriminatorio retaggio patriarcale, per altri è un inutile oltraggio alla tradizione familiare. C’è stato un complotto maschilista?

Il nodo non è semplice da sciogliere. Non per niente ero stupita della rapidità con cui la proposta era riuscita ad approdare in Aula: e infatti è arrivata – immancabile quanto prevedibile – la battuta d’arresto. Ora, non so se parlare di vero e proprio complotto maschilista, ma di pesante veto culturale, mosso da un partito trasversale che non riguarda solo esponenti del Pd, come denunciato in queste ore da diversi parlamentari democrat, senz’altro. Parlo di una linea trasversale che c’è sempre stata: ieri era nella Lega, oggi è soprattutto nel Pd: il problema non è allora quello di un’appartenenza partitica, ma dell’esistenza di un partito di detrattori composto da tutti coloro i quali non vogliono assolutamente che si cambi una consuetudine, prima ancora che una legge, e che, lavorando nella direzione del mantenimento di uno stato di fatto che non ha più ragione di esistere, espongono il nostro Paese a nuove condanne che l’Europa potrebbe sentenziare finché non verrà colmata questa lacuna giuridica.

Quindi quali possono essere le contromosse dei sostenitori di questa proposta di legge? 

Visto che dall’Europa è partita la messa in mora dell’Italia, dall’Europa si può ripartire per sanare la situazione. E dato che io faccio parte proprio della commissione che si occuperà di questa fattispecie di problematiche – dalle libertà civili alla giustizia, dagli interni all’immigrazione, fino alle questioni inerenti i diritti delle donne e dei bambini: c’è di tutto – proporrò una risoluzione per far sì che l’Italia possa avere una possibilità nuova e concreta di mettersi finalmente in regola su questa questione, equiparandosi agli altri Paesi europei.

Il percorso si allunga?

È a ostacoli: ci vorrà più tempo per compierlo.

 

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