Senza attacco e senz’anima. L’Uruguay rispedisce a casa l’Italia di Prandelli
I-ta-li-a, I-ta-li-a. Il meglio l’hanno dato dagli spalti dello stadio di Natal. Quelle piccole macchie d’azzurro tra tutto quel celeste e quel verde oro, poco dopo l’assurda espulsione di Marchisio, hanno cominciato a gridare a squarciagola: «Italia, Italia». E per un attimo, giusto un momento, ci siamo sentiti orgogliosi. Frustrati dall’atteggiamento in campo dei nostri, dalla loro incapacità di inquadrare la porta e tirare, ma orgogliosi. Orgogliosi di quei nostri connazionali, con la bandiera in mano o con la mano sul cuore, con le facce dipinte di tricolore e le parrucche blu elettrico, che non hanno smesso di incitarla questa dannatissima squadra di calcio. Che avrebbe dovuto spaccare il mondo e magari consegnarci il quinto titolo mondiale e che invece se ne torna a casa, senza neppure superare il girone eliminatorio. Un vero capolavoro, quello di Prandelli. Se solo si pensa che in svantaggio dopo il gol di testa di Godin e in inferiorità numerica abbiamo affidato le nostre speranze di rimonta ad un attacco composto da Cassano e Parolo. Punte zero. Proprio nessuna. Balotelli evanescente e inconcludente, ammonito nel primo tempo e rimasto negli spogliatoi all’avvio del secondo; Ciro Immobile alle prese coi crampi, sostituito anch’egli. Il primo dal neo acquisto della Lazio, il secondo da Fantantonio. Un centravanti vero che lascia il posto a un finto centravanti. Ecco la genialata. E Cerci e Insigne che pure hanno dimostrato di saper tirare in porta, lasciati a marcire in panchina. Perché tanto lo zero a zero ci avrebbe qualificato. Ora, sarà pure facile prendersela con Prandelli e le sue strampalatezze che ci hanno procurato un travaso di bile, ma davvero non se ne può più di quest’uomo. Di lui che mangia la banana con l’amico Matteo Renzi, lui che sa sempre cosa è giusto dire e giusto fare, lui che ha voluto il codice etico e che l’ha fatta a maccheroncini con l’inflessibile applicazione che poi così inflessibile non è mai stata. Questo mister che merita l’aggiunta della O, perché è un vero mistero la sua fulminea ascesa nel firmamento dei media e del mondo che conta. Che mai a criticarlo perché era più intoccabile della famosa pubblicità della De Rica. Che pur non avendo mai vinto una cippa fritta, tutti a omaggiarlo e a prostrarsi dinnanzi alla sua suadenza e alle sue pseudo teorie. Adesso è normale che gli andranno tutti contro. Che molti degli esegeti si smarcheranno che neppure Messi saprebbe far meglio. E magari lo costringeranno alle dimissioni dopo avergli rinnovato il contratto principesco, previa buonuscita. Così il povero (si fa per dire) Prandelli avrà tempo per riflettere sulla vacuità della sorte e sulle sue capacità tecniche. Mentre il gran circo del pallone si prenderà un’altra immeritata vacanza.