Prodi si difende: «Lo scandalo del Mose non è colpa mia, è un’opera fondamentale»

6 Giu 2014 18:42 - di Redazione

Prodi si sente sotto accusa sul Mose e si difende, senza che nessuno glielo abbia chiesto. Sarà perché sta cercando disperatamente di tornare a galla per agganciare un’altra possibilità di salita al Colle, sarà perché davvero crede di essere stato il salvatore della Patria fin dai tempi dell’Iri, ma di sicuro sulla questione del Mose il Professore sembra particolarmente sensibile: «Trovo singolare che invece di prendersela con chi si è lasciato corrompere e ha speculato sui lavori del Mose, sempre che la magistratura confermi quanto è emerso fino ad ora dalle indagini, ce la si voglia prendere con chi ha consentito che un’opera fondamentale per la salvezza di Venezia andasse avanti», dice l’ex premier Romano Prodi, replicando a chi critica ora il via libera che diede il suo governo nel 2006 alla grande opera pubblica. «Il progetto del Mose, preesistente al governo da me presieduto, fu discusso e esaminato dal “Comitato di coordinamento per la salvaguardia di Venezia e della laguna” in numerosissime riunioni e fu approvato da una larghissima maggioranza dei componenti. Non procedere alla sua realizzazione sarebbe stato del tutto assurdo e irragionevole», continua Prodi che aggiunge: «Ricordo di avere chiesto che mi fossero presentati altri progetti credibili, ma io non ne ho mai ricevuti». Fu nella metà degli anni Ottanta che Italstat, una costola dell’Iri guidata da Romano Prodi, ebbe l’idea di lanciare la realizzazione di un’opera così colossale a Venezia. E fu proprio da quel Consorzio Venezia Nuova, un pool di imprese private che diventò contraente unico, che ebbe origine l’attuale malcostume delle tangenti, venuto fuori adesso con le inchieste sul Mose.

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