L’ingiustizia ha la faccia di Marmo: dopo 29 anni il pm che accusò Tortora finalmente si scusa…

27 Giu 2014 14:07 - di Redazione

Ci ha messo ventinove anni per chiedere scusa. Diego Marmo, l’icona del magistrato che sbaglia clamorosamente, l’esempio di ciò che non dovrebbe mai essere una toga, si ricorda solo ora di chiedere scusa alla sua vittima, ad Enzo Tortora che lui, in una oramai celebre e tremenda requisitoria, apostrofò così: «un cinico mercante di morte». Ma cos’è che ha indotto Marmo a chiedere scusa dopo “appena” 30 anni all’ex presentatore oramai morto? Semplicemente l’indignazione che è andata via via montando quando “Il Garantista”, magazine firmato come direttore dall’ex-cronista dell’Unità Piero Sansonetti, ha rivelato che il pm del caso Tortora – immagine emblematica dell’ingiustizia in Italia – era stato da poco nominato assessore alla legalità del Comune di Pompei. Un pugno in piena faccia a chi crede nella Giustizia, quella con la G maiuscola. Com’è possibile che proprio Marmo, l’uomo che ha rovinato l’esistenza a Tortora e alla sua famiglia, possa indossare i panni del garante della legalità dei cittadini? Un ossimoro. Sansonetti che, partito da quella sinistra giustizialista che applaudiva il clangore manettaro e filo-toghe è approdato ora a un garantismo forse altrettanto radicale, si indigna sul suo nuovo magazine fresco di stampa chiamato “il Garantista” sollecitando l’Associazione nazionale Magistrati, cioè quanto di più fazioso possa esserci oggi in Italia, ad farsi un esame di coscienza e a valutare se il sindacato delle toghe non si senta, in qualche maniera, offeso dalla decisione del sindaco di Pompei, Ferdinando Uliano, di assegnare questa delega tanto delicata quanto superflua a uno come Marmo. Omen Nomen: per 30 anni l’ex-pm non ha fatto una piega di fronte all’indignazione popolare per il fatto che aveva, ingiustamente, travolto la vita di Tortora facendo scoprire all’Italia cosa significa davvero la parola “ingiustizia”.
Ora il clamoroso dietrofront: «Dopo trent’anni è arrivato il momento. Mi sono portato dietro questo tormento troppo a lungo. Chiedo scusa alla famiglia di Enzo Tortora per quello che ho fatto», dice Marmo al suo intervistatore. «Il rammarico c’era da tempo – sostiene il magistrato ormai in pensione – usai sempre termini appropriati. Mi feci prendere dalla foga». Resta da vedere, se i tempi sono questi, fra 30 anni quanti magistrati, che oggi hanno fatto strame della giustizia, sapranno cospargersi il capo di cenere e chiedere scusa per quanto hanno fatto. Anche se questo, come anche nel caso di Tortora e Marmo, non restituirà alle vittime quello che certa magistratura ha tolto loro.

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