Il mortale attentato di Brindisi: l’accusa chiede la conferma dell’ergastolo per Vantaggiato

23 Giu 2014 13:02 - di Redazione

Un tatuaggio con il nome “Melissa” e la data di nascita della sedicenne morta nell’attentato di Brindisi il 19 maggio 2012: li ha impressi sul braccio sinistro Selena Greco, una delle studentesse rimaste gravemente ferite nell’esplosione di tre bombole riempite con polvere pirica che furono posizionate e fatte esplodere da Giovanni Vantaggiato, reo confesso e condannato all’ergastolo in primo grado, davanti alla scuola “Morvillo Falcone” a Brindisi. Selena era nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, a Lecce, dove si è svolta la terza e probabilmente ultima udienza del processo dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello. Vantaggiato era assente. C’erano invece Massimo e Rita Bassi, i genitori di Melissa. Non c’era Azzurra Camarda, un’altra delle ragazze ferite, perché stava sostenendo la terza prova scritta dell’esame di maturità alla “Morvillo Falcone”. La requisitoria del pg Antonio Maruccia si è incentrata su uno dei due motivi d’appello del difensore di Vantaggiato, Franco Orlando, e cioè la sussistenza dell’aggravante della finalità terroristica al reato di strage riconosciuta in primo grado. Nella scorsa udienza era stato affrontato il nodo della perizia psichiatrica, negata dalla Corte con un’ordinanza che stabiliva che l’imprenditore di Copertino era “lucido” al momento del fatto ed è capace quindi di stare a processo. Dopo le arringhe del difensore e la discussione delle parti civili è prevista la sentenza.
«Tutti noi abbiamo subito quell’atto», «il terrorismo è un metodo, non un fine». Lo ha detto Maruccia nel corso della requisitoria al termine della quale ha chiesto la conferma dell’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi per Giovanni Vantaggiato. «Ci può essere un’azione più naturalmente terroristica, eccessiva, gratuita, spietata della collocazione di 45 chili di esplosivo alle 8 meno un quarto davanti ad una scuola quando c’è quel via vai di persone?», ha chiesto Maruccia, approfondendo la definizione di atto terroristico come atto «idoneo potenzialmente ad arrecare grave danno al Paese», inteso come comunità e istituzioni insieme. «Un conto è farle esplodere in campagna a Copertino – ha aggiunto – di notte quando non c’è nessuno. Ma qui il contesto ci impone di considerare tutto quell’esplosivo in quel luogo, a scuola e a quell’ora. Questi sono i dati obiettivi che la norma ci impone di vagliare. Tutti i genitori di Brindisi – ha proseguito ancora – sono andati quel giorno a ritirare i bambini dalle scuole».

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