Biagi, dopo Frattini anche Maroni scarica Scajola: gli parlai dei rischi, era informato su tutto
Claudio Scajola sapeva. L’uomo che nel 2002 era a capo del ministero dell’Interno era a conoscenza dei rischi per Marco Biagi. Dopo Franco Frattini, anche Roberto Maroni ha confermato la circostanza, pur glissando sulle risposte che Scajola gli diede all’epoca sull’argomento. «E’ scritto nel verbale», ha detto il presidente della Regione Lombardia, appena uscito dagli uffici della Procura di Bologna. L’ex-ministro del Welfare, ministero di cui il docente bolognese era consulente, è stato sentito nell’ambito dell’inchiesta sulla mancata scorta del giuslavorista ucciso dalle Br. Un’inchiesta che ormai prevede un’audizione al giorno.Ieri era toccato, appunto, a Frattini, 12 anni fa ministro della Funzione Pubblica con delega ai Servizi. Oggi al presidente della Regione Lombardia, sentito per oltre tre ore dal Pm Antonello Gustapane. A Scajola parlò espressamente di Biagi? «Sì, certo. E non solo io, ma tanti altri», ha risposto ai cronisti Maroni. «Ci sono tante informazioni che il ministro dell’Interno aveva a disposizione per arrivare alla stessa conclusione», ha aggiunto. E perché allora all’epoca il ministro dell’Interno disse di non essere stato avvisato? «Non lo so». Perché, se i rischi per il giuslavorista erano cosa risaputa, non si fece nulla per proteggere il docente? «Io ero ministro del Welfare, non ministro dell’Interno. Quindi non lo so. Mi risulta incomprensibile, viste le segnalazioni che ci sono state e che ho visto stamattina», perché «a qualunque attento lettore di quelle informative sarebbe venuto in mente il nome di Marco Biagi». Doveva venire in mente a Scajola? «Io non sono qui a giudicare. Sono qui a riportare le informazioni che ho, perché ritengo che siano utili per le indagini». Certo è che Maroni è rimasto piuttosto stupito, durante il colloquio con il pm, proprio dalla documentazione che gli è stata mostrata. Informative che non aveva mai visto in precedenza. Lo avrebbe detto agli inquirenti e lo ha riferito ai giornalisti, ai quali ha spiegato di aver visto «dei documenti, che non mi erano noti, che riportavano nei mesi precedenti l’assassinio di Biagi un allarme molto preciso su queste vicende». Leggerli «mi ha molto impressionato, non ne ero a conoscenza, perché facevano riferimento ad episodi come l’omicidio D’Antona, rivendicandone l’opportunità, la grande utilità». Si trattava di rivendicazioni fatte da «formazioni neobrigatiste ed era facile da lì desumere chi fossero i soggetti a rischio. Al di là delle lettere, degli appunti e delle segnalazioni c’era un’attività di indagine che evidenziava un grave rischio per chi seguiva le vicende del mercato del lavoro. Quindi, io e i miei collaboratori», tra cui Marco Biagi. «Anche il presidente Maroni ha fornito un fattivo contributo di chiarezza. I contorni della vicenda si stanno meglio delineando ed esaurite le audizioni la Procura valuterà quanto emerso», ha detto il procuratore aggiunto portavoce, Valter Giovannini.