Archiviato il caso Mineo. Lui resta fuori dalla Commissione e i 14 dissidenti Pd tornano all’ovile
Il capogruppo Luigi Zanda incontra i 14 senatori del Pd che si erano autosospesi per il “caso Mineo” e finisce – quasi – a tarallucci e vino. Mineo resterà fuori dalla commissione Affari costituzionali ma ai senatori dissidenti sarà garantita la libertà di mandato. Un compromesso che ha messo i 14 autosospesi nella condizione di non chiedere il reintegro di Mineo in commissione per non farsi rispondere un “no” chiaro e tondo. Dunque questa presunta guerra per la libertà dai diktat di Renzi si è trasformata in una guerricciola di cartone e alla fine lo scontro si chiude all’insegna del “tutto è bene quel che finisce bene”. Forse era meglio non cominciarla nemmeno, questa levata di scudi, dalla quale Matteo Renzi esce ancora una volta trionfante. Nella nuova era renziana anche il problema del dissenso viene risolto in quattro e quattr’otto, con piglio decisionista: questa la lettura che i seguaci di Matteo daranno dell’episodio.
Non è per niente facile, del resto, organizzare la fronda contro uno che ha dalla sua un bel 40% tondo tondo. E bisognerà almeno aspettare che siano maturi i tempi per far emergere le contraddizioni del leader. I 14 senatori ribelli sarebbero apparsi come pericolosi individualisti barricadieri a mettere i bastoni tra le ruote a un premier affaccendato con tasse, riforme e semestre europeo. Si sarebbe compresa una guerra interna al grido di “salvate il soldato Mineo”? No, non si sarebbe capita. Adesso Renzi ha di fronte a sé altre sfide: il dialogo con Grillo è scivoloso (tornare al proporzionale non si può) ma consentirebbe di stracciare il patto del Nazareno con il leader di Forza Italia. Renzi deve mettere in campo tutte le sue capacità tattiche per non rischiare di finire schiacciato tra gli azzurri da una parte che gli chiedono di rispettare gli accordi e i grillini che lo incalzano per un confronto che serve solo al M5S per uscire dall’isolamento. Una partita che farà dimenticare del tutto le sorti di Mineo e sulla quale un eventuale dissenso interno potrà ricompattarsi, su basi politiche – stavolta – e non personali.