Anche l’ex rettore della Bocconi, fedelissimo di Monti, scopre che forse è meglio uscire dall’euro

28 Giu 2014 10:44 - di Luca Maurelli

“Una luce in fondo al tunnel”. Ricordate la visione mistica di Mario Monti nel periodo in cui con una mano stangava gli italiani e con l’altra scrutava l’orizzonte alla ricerca di una ripresa che non sarebbe mai arrivata? Era la luce di un treno che stava per arrivarci in faccia, scherzò qualcuno, che in effetti non era troppo distante dalla realtà. Ma in quella metafora da lampada Osram il premier bocconiano fu affiancato e sostenuto dai principali economisti italiani, seguaci della medesima scuola: euro, stangate e sangue. Tra loro c’era anche Guido Tabellini, rettore della Bocconi fino al 2012, più volte candidato ad assumere la guda del ministero dell’Economia anche grazie alle ottime amicizie vantate negli ambienti giusti, tipo quelli dell’ingegner De Benedetti, suo amico personale e anche suo consigliere d’amministrazione nel colosso Cir.

Fino a un mese fa il professor Tabellini, interrogato sui possibili effetti nefasti di una vittoria alle Europee del partito degli euroscettici, si univa al coro degli allarmisti (sull’Espresso e sull’Huffington Post) paventando i rischia di una svalutazione del 50% in caso di ritorno alla moneta nazionale, con un’inflazione galoppante e una corsa al ritiro dei risparmi in banca. Considerando che Tabellini era lo stesso che agli albori della crisi l’aveva definita “non sistemica ma un possibile incidente temporaneo presto riassorbito, dovuto ad una crescita troppo rapida dell’innovazione finanziaria”, sulle previsioni del bocconiano si potrebbe anche sorvolare. È invece interessante notare il fatto che oggi Tabellini apra alla possibile uscita dall’euro in caso di ulteriore crisi e di sofferenza eccessiva del debito pubblico. Come spiega Libero di oggi, il bocconiano, a un convegno a Milano, parlando della possibile ristrutturazione del debito pubblico dei paesi a rischio come l’Italia, ha caldeggiato un’alternativa sorprendente alle forche caudine del “fiscal compact”: «Sarebbe preferibile uscire dall’euro per dotarsi di una propria politica monetaria», ha sottolineato. Certo, secondo l’economista, non sarebbe una soluzione auspicabile, ma il male minore, “comunque una scelta inevitabile dovuta al peccato originale dell’adesione all’area Euro dominata economicamente ed ideologicamente dalla Germania”. Se non è un pentimento, poco ci manca. Sarà per questo che fin da piccoli ci dicono di imparare a memoria le Tabellini.

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