Aborto, altoltà del centrodestra a Zingaretti sull’obiezione di coscienza: «Revochi subito il decreto»

25 Giu 2014 20:29 - di Giorgia Castelli

Tutti contro Nicola Zingaretti che con un decreto ha vietato l’obiezione di coscienza nei consultori. Con un’interrogazione a risposta orale presentata dalla capogruppo della lista Storace Olimpia Tarzia e firmata da tutti i capigruppo di opposizione (Francesco Storace, Luca Gramazio, Pietro Di Paolo, Giancarlo Righini, Pietro Sbardella, Marino Fardelli e dai consiglieri Daniele Sabatini e Fabrizio Santori) si chiede al governatore e commissario ad acta della Regione Lazio di revocare il decreto dello scorso 12 maggio che limita l’obiezione di coscienza nei consultori familiari regionali «in quanto platealmente illegittimo ai sensi della vigente normativa nazionale, anche a fine di prevenire eventuale contenzioso amministrativo». Contro Zingaretti fa sentire la sua voce anche Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita: «Pur di affermare un insistente diritto all’aborto il presidente della Regione Lazio arriva a disapplicare la stessa legge 194, fino a ieri intoccabile tabù ed ora minacciata dagli stessi che l’hanno finora strenuamente difesa». Casini ha precisato che «la legge non lascia spazio a dubbi laddove, nell’articolo 9, dichiara esplicitamente coperte dall’obiezione di coscienza anche le attività di certificazione che precedono necessariamente l’interruzione volontaria di gravidanza». L’ideologia abortista che «si rifiuta di riconoscere l’esistenza dell’essere umano nella fase che precede la nascita sta raggiungendo il limite estremo della persecuzione – ha commentato Casini – Ora si arriva a colpire addirittura il principio di libertà di coscienza che è uno dei fondamenti della società liberale, garantito dalla Costituzione e che è stato confermato da ripetuti pareri del Comitato nazionale di bioetica». Casini  ha annunciato che la resistenza contro questa persecuzione «non potrà che essere attuata in tutte le forme possibili» nel più breve tempo possibile, in primo luogo con «un inevitabile ricorso all’autorità giudiziaria».

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