“Tangentopoli” per Expo 2015: 22 anni dopo tornano in carcere il “compagno G” e l’ex Dc Frigerio
Il diavolo e l’acquasanta. L’ex-funzionario del Pci che si fece 6 mesi di carcerazione preventiva per non svelare a chi era andato dentro Botteghe Oscure quel pezzo da 621 milioni di lire della gigantesca maxi-tangente Enimont. E l’ex-boss democristiano, l’allora potente segretario regionale lombardo della Democrazia Cristiana Gianstefano Frigerio finito anch’egli in carcere, per tre volte, travolto dalle inchieste di Mani Pulite. Insomma il tempo passa invano se 22 anni dopo – e sembrano passati secoli – scattano di nuovo le manette attorno ai polsi di due simboli di quella “rivoluzione” istituzionale, se fu veramente rivoluzione.
Stavolta la torta non si chiama Enimont ma Expo. Sempre una montagna di soldi. Che scatena gli appetiti di partiti e faccendieri. Come 22 anni fa. Stesse storie. Stesse facce. Stessa arroganza. Stessa voglia di barare. E di buttarsi sulla torta per dividersi le fette. Sette in tutto le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Milano Fabio Antezza nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini e dai pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio e condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano: 6 ordinanze di custodia cautelare in carcere e una agli arresti domiciliari. A finire in carcere, oltre a Primo Greganti, il cosiddetto “compagno G”, lo stoico comunista che si sacrificò per proteggere l’identità di chi, nel Pci, aveva gettato l’ideologia alle ortiche per intascarsi i soldi della comunità, anche, appunto, l’ex-dc, Gianstefano Frigerio. E poi Angelo Paris, iperattivo manager quarantottenne di Expo 2015 con il ruolo, delicatissimo, di Direttore della pianificazione acquisti dell’Expo. Dietro le sbarre anche l’ex-parlamentare di Forza Italia, Luigi Grillo, l’intermediario Sergio Catozzo e il potente imprenditore Enrico Maltauro, travolto anch’egli negli anni 90 dalle inchieste di Mani Pulite. L’unico che, per il momento, si è salvato dal carcere e al quale i magistrati hanno concesso gli arresti domiciliari, è l’ex-Direttore generale di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni già arrestato nelle scorse settimane nell’ambito di un’altra inchiesta con, al centro, una serie di irregolarità negli appalti delle più importanti opere pubbliche in Lombardia, tra cui anche alcune gare relative all’Expo.
L’inchiesta ha acceso i riflettori su tutta una serie di episodi di turbativa d’asta e di corruzione relativi all’Expo e al processo “Città della salute”, episodi che hanno convinto i magistrati milanesi a firmare le ordinanze di arresto con le accuse di associazione per delinquere, turbativa d’asta e corruzione. Nelle carte dei magistrati che hanno portato all’arresto dei sette, oltre alle vicenda corruttive dell’Expò, vengono ampiamente citati episodi di malaffare relativi alla progettazione dei lavori della Città della Salute nel Comune di Sesto San Giovanni e alla gestione dei servizi di supporto non sanitari rivolti alle due Fondazioni IRCCS, la Carlo Besta e l’Istituto Nazionale dei Tumori.
Il quadro che emerge è devastante e rivela episodi accaduti fino a due mesi fa: Rognoni, d’accordo con Frigerio, Cattozzo, Grillo e Greganti, avrebbe «organizzato costanti incontri personali» nel corso dei quali si trasmettevano «notizie di ufficio destinate a rimanere segrete sul procedimento di formazione del bando di gara e sulla successiva fase di aggiudicazione». Venivano così «segnalate in anticipo le migliorie progettuali in grado di assicurare» ai partecipanti da favorire «una valutazione di favore rispetto all’offerta pervenuta da altre imprese concorrenti».
Di fatto, scrivono i magistrati, in Lombardia esisteva una «Cupola per condizionare gli appalti», alcuni dei quali relativi ad Expo, che prometteva «avanzamenti di carriera» grazie a «protezioni politiche» a manager e pubblici ufficiali.
L’abisso di corruzione che, a dispetto dei 22 anni passati da Tangentopoli, ancora determinava gli appalti, è ben spiegato in un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare dove viene chiarito che Primo Greganti «copriva e proteggeva le cooperative» sottolineando anche che la «saldatura» di interessi e relazioni tra Greganti, esponente di sinistra e Gianstefano Frigerio, ex-parlamentare Dc, «proteggeva le imprese riconducibili a tutti gli schieramenti politici».
Il meccanismo era tanto semplice quanto abominevole. Ed è ben restituito dal contenuto di un’intercettazione nella quale uno degli arrestati di oggi, Angelo Paris, dialoga con un politico mettendo sul tavolo della “trattativa” i suoi appetiti carrieristici e gli appalti: «Io vi do tutti gli appalti che volete se favorite la mia carriera».
Utilizzando questo modus operandi, l’associazione a delinquere era «operativa da un anno e mezzo o due», secondo i magistrati e avrebbe condizionato o tentato di condizionare almeno da metà del 2013 alcuni appalti dell’Expo, tra cui la gara per «l’affidamento per le architetture di servizi», che sarebbe stata pilotata a favore dell’imprenditore vicentino Enrico Maltauro, finito in carcere. Maltauro, sempre secondo i pm, avrebbe versato «30-40mila euro al mese» in contanti o come fatturazione di consulenze alla «Cupola degli appalti».
L’avido «responsabile dell’Ufficio contratti di Expo 2015 spa» avrebbe dimostrato, secondo i magistrati, «a partire dal settembre-ottobre 2013 piena disponibilità nei confronti del sodalizio» e sarebbe stato «totalmente a disposizione», tanto che, sempre secondo i pm, «avrebbe fornito notizie riservate sulle gare d’appalto e pilotato le assegnazioni».
Ma, accanto a questi appalti e agli appalti ”minori” dell’Expo come quello dell’area parcheggi vi sarebbero altre aggiudicazione illecita di appalti per alcune «aziende ospedaliere lombarde».
L’aspetto certamente più pittoresco dell’intera vicenda è che la “sede sociale” dell’associazione per delinquere che avrebbe inquinato tutta una serie di appalti era un’associazione culturale riferibile all’ex-parlamentare Dc Gianstefano Frigerio e intitolata a Tommaso Moro, lo scrittore umanista autore di “Utopia” che, nel 2000, Giovanni Paolo II proclamò patrono dei governanti e dei politici cattolici.
Tommaso Moro battezzo “Utopia” un’immaginaria isola dotata di una società ideale.
La vicenda che ha portato agli arresti dei sette, è una delle indagini citate dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, a capo del pool “Pubblica Amministrazione”, nell’esposto da lui presentato al Csm contro il procuratore Edmondo Bruti Liberati per lamentare una serie di irregolarità nell’assegnazione dei fascicoli, un esposto che sta scuotendo da mesi la Procura milanese con accuse e controaccuse esplicitate di fronte al Csm investito dello scontro istituzionale in atto. Dopo una lunga stagione di attriti, Robledo ha deciso di rivelare al Csm che il suo capo Bruti Liberati assegnava le inchieste seguendo talune preferenze. Questa è l’accusa formalizzata di fronte ai magistrati di Palazzo dei Marescialli che hanno poi convocato il capo della Procura milanese per farsi spiegare come stavano effettivamente le cose.