Succede a Milano: centinaia di tesi di laurea finite nella spazzatura
Che senso ha – nell’era digitale e al tempo della dematerializzazione degli archivi – conservare tesi di laurea e documenti di ricerca universitaria? Parola più parola meno, dev’essere questo l’angoscioso interrogativo che si sarà posto l’ignoto ideatore della “soluzione finale” grazie alla quale un centinaio di elaborati universitari redatti tra il 1983 ed il 1995 è stato scaricato come immondizia nei raccoglitori della “differenziata” destinati alla carta.
Succede a Milano, università Statale e precisamente alla Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali – corso di laurea in Scienze dell’Informazione. A scoprirlo è stato un gruppo di studenti del Dipartimento di Informatica. E, a sentirli, non è stato un bel vedere. Hanno ragione. Una tesi di laurea ha un suo valore intrinseco, capace di andare ben oltre il suo contenuto. Per chi l’ha scritta, poi, contiene soprattutto un dato affettivo. In ogni caso, prima di mandarne al macero un centinaio sarebbe stato giusto cercare di rintracciarne gli autori. Nell’epoca dei social network e della trasparenza assoluta si sa tutto di tutti, figuriamoci se ad una facoltà universitaria può risultare impossibile rintracciare degli ex-studenti.
Ma tant’è: nell’Italia dove ogni tentativo di riforma dell’istruzione e, ancor di più, dell’università suona come un potenziale attentato contro il sapere, contro la scuola pubblica e quindi contro la Costituzione, la notizia di oltre cento tesi di laurea buttate nel secchio dell’immondizia passa quasi inosservata come se si trattasse delle pulizie di primavera. Un circostanza quanto meno imbarazzante. Tanto è vero che la Statale è accorsa subito a metterci una pezza: “L’Ateneo – ha puntualizzato in una nota – conserva indefinitamente copia di ogni tesi, di ogni grado e livello di studio, nel proprio archivio tesi, garantendone peraltro la pubblica consultazione se autorizzata dall’autore”. Come dire: noi non buttiamo niente e quelle rinvenute tra i rifiuti sono quelle “in dotazione ai singoli docenti, relatori e correlatori (…) che ne dispongono liberamente (…)”. Insomma non tutto è perduto, tranne i soldi che gli studenti hanno speso per la rilegatura della copia malinconicamente finita tra le cartacce della spazzatura.