Libri. Il socialismo dissolto, l’arte secondo Tanizaki, l’Europa e l’impero Usa in declino, la prova dell’esistenza di Dio, l’esoterismo di Dante

10 Mag 2014 18:11 - di Renato Berio

Nel 1919 il Partito socialista italiano era la principale forza del Paese, votata da un terzo degli elettori. Nel giro di soli due anni questo patrimonio politico andò disperso a causa dei contrasti tra la componente riformista e quella massimalista, culminati nella scissione di Livorno del 1921, che portò alla nascita del Partito comunista d’Italia. Per spiegare le origini di quell’errore “irrecuperabile”, Giancarlo Lehner, avvalendosi anche della documentazione inedita raccolta da Francesco Bigazzi, prende le mosse dagli storici eventi che sconvolsero la Russia nel 1917, quando, sotto la guida di Lenin, si impose l’estremismo dei bolscevichi, pronti ad annientare senza pietà dapprima la resistenza del potere zarista, poi tutte le voci non allineate. Una linea ulteriormente rafforzata da Stalin, con cui giunse a pieno compimento l’instaurazione di un regime autoritario e oppressivo, che, attraverso la Terza Internazionale, estese i suoi tentacoli su tutti i partiti “fratelli” degli altri Paesi. Lontana dall’essere uno strumento di dibattito e confronto paritario, l’Internazionale Comunista, attiva dal 1919, si caratterizzò infatti come semplice cinghia di trasmissione delle decisioni prese a Mosca. E fu proprio il Komintern a dare impulso alla scissione di Livorno che dilaniò il Psi. (Giancarlo Lehner-Francesco Bigazzi, Lenin, Stalin, Togliatti. La dissoluzione del socialismo italiano, Mondadori, pp.360, euro 19)

Una mattina, leggendo il giornale, Tanizaki è colpito dalla foto di un attore seduto su una veranda nei panni di un samurai. Osservandolo meglio, scopre che con imper­cettibili accorgimenti e controllando la respirazione è riuscito a produrre una forma circolare, che parte dal col­lo e dalle spalle e prosegue lungo le maniche: «Sem­brava che se ne stesse seduto lì per caso, e invece ob­bediva alle regole del kabuki, sicché persino le pieghe del suo kimono si distinguevano le une dalle altre in maniera del tutto naturale». Solo la maestria – una peri­zia tecnica che si acquisisce grazie a un lungo, arduo tirocinio – può condurre a esiti di così sublime ele­ganza. Arte come sacrificio e dedizione, dunque, come opera «ben fatta», per il puro piacere della perfezione: non certo per adulare i potenti o le masse, o per fare sfoggio di bravura e dottrina, o acquisire denaro. In un gioco di contrasti e dissolvenze fra mondo passato e moderno, orientale e occidentale, Tanizaki ci offre un’inedita visione di pittura, letteratura, teatro e ci­ne­ma. (Jun’Ichiro Tanizaki, Sulla maestria, Adelphi, pp. 122, euro 13)

Nel 2003, con Il rischio americano, Sergio Romano affermava, nella nuova fase politica internazionale iniziata dopo gli attentati dell’11 settembre, che gli Stati Uniti, unica superpotenza mondiale, avevano agito con arroganza anche perché l’Europa era stata assente o insignificante. Poco più di dieci anni dopo, in un contesto di continua fibrillazione acuita dalla perdurante crisi economica apertasi nel 2007/2008, la domanda di fondo è sempre la stessa: cosa vuol fare l’Europa da grande? Se il declino degli Stati Uniti come impero mondiale sembra evidente, non altrettanto chiaro è il modo in cui gli americani sapranno attraversare questa fase della loro storia. La condizione imperiale è una droga da cui non è facile disintossicarsi. La parabola del declino americano sarà tanto meno rischiosa quanto più sarà accompagnata dalle scelte ragionevoli di Cina, Russia, Brasile, Iran e di altri paesi. Ma la responsabilità maggiore è dell’Unione europea, che non può assecondare l’America in ciò che rimane della sua politica imperiale, e le sarà tanto più utile quanto più diverrà, in una realtà multipolare, una sorta di Svizzera continentale. Per gli americani che ancora credono nella vocazione imperiale del loro paese, un’Europa divisa è il migliore degli alleati possibili. E l’unità europea si farà soltanto a dispetto dell’America: per garantire un ruolo all’Europa in un mondo in cui lo spazio creato dal declino americano verrebbe riempito da potenze extraeuropee. (Sergio Romano, Il declino dell’Impero americano, Longanesi, pp. 126, euro 14,90)

Cosa accadrebbe nel mondo se venisse dimostrata con una prova inconfutabile l’esistenza di Dio? È lo scenario che si trovano di fronte cinque illustri teologi, da una parte folgorati dall’evidenza della prova e dall’altra dubbiosi sull’opportunità di divulgarla. La “prova” avrebbe come effetto, infatti, lo scatenamento di una serie di eventi destabilizzanti. Questo lo scenario immaginato da Laurence Cossè, che descrive il modo in cui governo francese e Vaticano si darebbero da fare per occultare la prova che toglierebbe all’esistenza il suo mistero. (Laurence Cossé, La prova nascosta, E/O, pp. 240, euro 16)

Un primo testo scientifico che si occupa, sulla base di un’amplissima documentazione, del tema dell’esoterismo attribuito a Dante e alla poesia italiana delle origini. Un tema che troverà un suo sviluppo decisivo ad opera della scuola di Luigi Valli(1878-1931), personaggio oggi quasi dimenticato dalla storia letteraria ufficiale ma centrale della cultura nazionale e, per molti versi, internazionale degli anni Venti. A partire da questo periodo, l’esoterismo di Dante avrà ricadute letterarie, storico-religiose e, non ultimo, politiche, tanto che, da questa angolatura, si può comprendere una parte fondamentale della cultura europea del Novecento. (Stefano Salzani, Luigi Valli e l’esoterismo di Dante, Il Cerchio, pp. 412, euro 34)

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