Lavoro, via libera della Camera al “pasticciaccio brutto”. Il bluff di Renzi che precarizza i giovani a vita

15 Mag 2014 12:58 - di Romana Fabiani

Via libera di Montecitorio allo sgangherato decreto di legge sul lavoro dopo la terza fiducia incassata dal governo mentre Palazzo Madama è impegnato con l’esame del disegno di legge, la seconda “gamba” del famigerato Jobs Act. La nuova normativa sui contratti a termine firmata Poletti è passata con  279 voti a favore, 143  contrari e 3  astenuti.  Passato sotto le forche caudine della minoranza interna del Pd e del sindacato, il decreto ha il sapore di una misura spot che non modifica strutturalmente il sistema e non intacca l’emergenza occupazione sulla quale Renzi ha messo la faccia. Le principali novità riguardano la proroga del contratto a termine da 8 a 5 nell’arco dei 36 mesi, la sanzione per chi assume oltre il 20% di dipendenti a termine (anche se in Senato l’obbligo di assunzione è stato trasformato in una «multa»), la possibilità di effettuare contratti a termine fino a tre anni senza causale (già la legge Fornero l’aveva eliminata fino a 12 mesi). Per le opposizioni, in prima fila Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale, il provvedimento fa acqua da tutte le parti e finisce per alimentare nuova precarizzazione. «È una truffa. E Renzi è il primo a saperlo – dice il vicecapogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Fabio Rampelli – avrebbe dovuto rappresentare il cambiamento della politica, delle pessime regole che ingessano il lavoro e l’impresa, e invece il presidente del Consiglio, che abbiamo ribattezzato “Matteo do nascimento”, come la “spalla” di Vanna Marchi, ha distrutto quel poco di credibilità che aveva precarizzando a vita il lavoro dei giovani». Nessuna riforma vera, come il contratto unico e il sistema di ammortizzatori sociali per tutti – puntualizza – mentre negli Stati europei il ricorso al lavoro precario è marginale, in Italia, è diventato un costume. Con questo decreto legge – prosegue Rampelli – si precarizzano a tempo indeterminato i giovani, si diminuiscono le garanzie nei confronti delle donne mentre sul fronte dell’impresa non c’è traccia di defiscalizzazione, né un incentivo affinché le banche riaprano il credito nei confronti delle imprese». I giovani sono i primi a rischiare di entrare in una porta girevole all’infinito, conclude Rampelli annunciando il voto contrario di FdI e polemizzando con il sì del Nuovo centrodestra di Alfano sempre più a sinistra. Per il relatore di minoranza, il leghista Massimiliano Fedriga, «Renzi è un venditore di fumo, che non stanzia un euro a favore dei nostri disoccupati e degli esodati, ma spende 10 miliardi all’anno per gli immigrati clandestini». Sulle barricate anche Sel e Cinquestelle. «Da oggi i lavoratori saranno ancora più invisibili e soli nella crisi, perché ricattati con un decreto che non aumenta l’occupazione», dicono i vendoliani. «Abbiamo sottovalutato Matteo Renzi: non è un venditore ma uno svenditore dei diritti sociali», incalza la grillina Tiziana Ciprini esibendo in aula una sveglia suonante. «Se c’è un precariato in questo Paese, chi lo ha introdotto ha un nome e cognome: Romano Prodi e il governo da lui presieduto che nella maggioranza aveva Sel e il Pd», dice l’azzurro Simone Baldelli. Sconfitto sul tempo Renzi, Maurizio Sacconi, capogruppo del Ncd in Senato, si precipita a postare su Facebook: “Tutto è bene quel che finisce bene. Da oggi ogni datore di lavoro è più libero”.

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