Dopo il caso Pelù, nel Pd scatta il “contrordine compagni”: i cantanti non devono parlare di politica
Non gli scontri di Torino, non il dibattito su come rilanciare il lavoro e nemmeno la riflessione su quel milione di famiglie che, secondo recentissimi dati Istat, non ha alcun reddito da lavoro. Ciò che resta all’indomani del primo maggio 2014 sono solo le polemiche intorno all’attacco di Piero Pelù a Matteo Renzi. Un putiferio sollevato dal Pd, che è arrivato a lanciare un “contrordine compagni”: la gente dello spettacolo, contrariamente a quanto sostenuto per decenni (i decenni berlusconiani, s’intende), non deve intromettersi nella politica. A dirlo esplicitamente è stata Alessandra Moretti, deputata e capolista alle europee nella circoscrizione Nord-Est, non esattamente una seconda linea. «Sarebbe bene che i comici e i cantanti si occupassero del loro mestiere», ha detto la Moretti, difendendo poi la misura degli 80 euro in busta paga promessa da Renzi e criticata da Pelù. Il cantante aveva parlato di «elemosina» ed era stato accusato di aver offeso quei lavoratori per i quali 80 euro possono fare la differenza. Oggi ha precisato sulla sua pagina facebook che «lo so che ci sono milioni di italiani che sopravvivono con stipendi o pensioni da vera fame, non volevo certo offendervi». «A voi va tutto il mio rispetto e la mia solidarietà», ha aggiunto Pelù, ribadendo però le proprie critiche al premier, artefice di «una gran trovata pre-elettorale di grande effetto». La questione ora potrebbe arrivare in vigilanza Rai. «Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano il presidente della commissione di Vigilanza Rai, Roberto Fico, e il presidente dell’Agcom, Angelo Cardani», ha detto il deputato del Pd e segretario della Vigilanza Rai, Michele Anzaldi. Un altro parlamentare del Pd, Ernesto Carbone, invece, ha spiegato che «sarebbe interessante sapere a quanto ammonti il compenso percepito da Piero Pelù per la sua partecipazione» al concertone. Tutte domande contro cui il Pd si è scagliato parlando di tentativi di censura quando a porle in situazioni simili, ma di segno opposto, era il centrodestra. «Se al governo ci fosse stato Berlusconi, le battute ironiche contro il signor Pelù si sarebbero tramutate in plauso», ha detto Stefania Prestigiacomo. Ha riportato, invece, l’attenzione sui lavoratori Giorgia Meloni, che più che su Pelù si è concentrata sul fatto che «quello che è sbagliato nelle politiche di Renzi è considerare che esista solamente il lavoro dipendente: considera che ci sia differenza tra una maestra che guadagna 1.200 euro al mese, e giustamente va aiutata, e il suo fruttivendolo, che invece essendo un lavoratore autonomo è come se non dovesse esistere». «Motivo per il quale – ha continuato la leader di FdI – ieri Fratelli d’Italia ha organizzato a Roma lo “sconcerto del Primo Maggio”, per dare voce al mondo di partite Iva, commercianti, disoccupati e pensionati al minimo che Renzi fa finta di non vedere».