Bufera giudiziaria su Bazoli, il banchiere “cattolico” amico e sponsor di Prodi…
Arriva una raffica di perquisizioni nell’inchiesta Ubi Banca nata da una serie di esposti, in particolare in seguito alle denunce dell’ex-parlamentare Pdl, Giorgio Jannone, azionista di Ubi Banca e di Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari, Finanziari, Assicurativi, esposti fatti nel 2012 e relativi a Ubi Leasing e Ubi Factoring e da un esposto del luglio 2013 presentato dai consiglieri di sorveglianza eletti nella lista di minoranza «in merito alla presunta esistenza di patti parasociali» occulti.
E nel mirino dei militari del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza – un centinaio in tutta Italia – inviati dalla Procura di Bergamo, finiscono anche il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, e del presidente di Italcementi Giampiero Pesenti i cui uffici vengono “profanati” dai militari delle Fiamme Gialle.
Il terremoto nel prestigioso istituto inizia a farsi sentire già di prima mattina quando gli uomini della guardia di Finanza di Bergamo spediti dalla locale Procura bussano al portone di Ubi Banca, quinto gruppo bancario italiano, cercando carte compromettenti negli uffici dei manager. L’accusa è di ostacolo alla vigilanza ma ancora non è chiaro dove andrà a parare. Mano a mano che i finanzieri procedono bussando di ufficio in ufficio si inizia a capire che la faccenda si fa seria. Si aprono gli armadi e i cassetti delle scrivanie degli uffici del presidente del comitato di gestione di Ubi-Banca Franco Polotti e del presidente del comitato di sorveglianza Andrea Moltrasio, del vicepresidente del Comitato di Sorveglianza della banca Mario Cera e dei consiglieri Victor Massiah e Italo Lucchini. Poi quando la perquisizione si estende anche agli uffici di Ubi-Leasing spa – controllata di Ubi-Banca – e agli ex-dirigenti della società, In Ubi-Leasing la faccenda prende forma. Finiscono perquisiti gli uffici della Direzione Credito Anomalo e gli uffici del Servizio Recupero e Vendita Beni. Perquisizioni delle Fiamme Gialle anche negli uffici di Giampiero Bertoli, ex-amministratore delegato di Ubi-Leasing, Alessandro Maggi, ex-direttore generale, e Guido Cominotti, ex-responsabile del servizio Recupero e Vendita Beni di Ubi-Leasing.
La magistratura ipotizza nei loro confronti i reati di truffa aggravata e riciclaggio.
Il banchiere bresciano Giovanni Bazoli, amicissimo di Romano Prodi, animatore del gruppo Etica e Finanza e presidente dell’Opera per l’Educazione Cristiana di Brescia, è indagato per ostacolo alle funzioni di vigilanza insieme al presidente del consiglio di gestione di Ubi-Banca Franco Polotti, al presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio e al vicepresidente Mario Cera, e ai consiglieri dell’istituto Victor Massiah e Italo Lucchini. Il reato di ostacolo all’attività di vigilanza si riferisce a presunte, gravi anomalie nella modalità di comunicazione riguardo alle indicazioni dei vertici di Ubi-Banca, nata dalla fusione di Banca Popolare di Bergamo e altre Banche Popolari. Secondo l’accusa, due gruppi di azionisti di Ubi-Banca – l’Associazione Amici di Ubi e l’Associazione Banca Lombarda e Piemontese, quest’ultima presieduta da Bazoli – avrebbero messo in campo, senza che le autorità di vigilanza ne avessero compiuta conoscenza, un sistema di regole tale da predeterminare i vertici di Ubi-Banca.
Giampiero Pesenti, ex-presidente di Gemina, e del patto di sindacato di Rcs MediaGroup, nonchè presidente di Italmobiliare e Italcementi e nel Cda di Pirelli, invece, è coinvolto nel filone di indagine che riguarda Ubi-Leasing e i suoi ex-dirigenti Giampiero Bertoli, Alessandro Maggi e Guido Cominotti: i reati di truffa e riciclaggio ipotizzati dalla magistratura di Bergamo riguardano una compravendita anomala di beni da parte di Ubi-Leasing. La magistratura ipotizza, in questo caso, gravi irregolarità nella compravendita di beni di lusso, tra i quali imbarcazioni e aeromobili. Tali beni – sempre secondo le ipotesi dell’accusa – venivano ceduti in leasing a persone fisiche e società. Di fronte alle prime difficoltà di pagamento delle rate concordate, i beni venivano sottratti a coloro che avevano sottoscritto il contratto di leasing e subito ceduti, a un prezzo di gran lunga inferiore al valore reale, a persone vicine a Ubi-Leasing.
«La tutela dei diritti e del patrimonio di migliaia di azionisti, che ho voluto con forza difendere, spesso solo, in questi anni, impone la massima cautela – scrive in una nota Giorgio Jannone, autore di esposti alle autorità di vigilanza e alla magistratura con cui ha denunciato, tra l’altro, episodi di “mala gestio” in Ubi Leasing – Dobbiamo tutti salvaguardare il valore del titolo Ubi, lasciando lavorare la Magistratura, Banca d’Italia e Consob».
«Il quadro che emerge – aggiunge il presidente delle Cartiere Pigna, che lo scorso anno ha provato a correre per il vertice della banca sfidando l’attuale gruppo dirigente di Ubi – è certamente molto delicato, riguarda una tra le principali banche italiane, quotata in Borsa, e riflette dati e informazioni, attinenti alla gestione della banca e ai risultati assembleari, al vaglio delle istituzioni preposte».
Il quadro all’interno del quale matura la decisione della magistratura di procedere alle perquisizioni è presto fatto: quattro bilanci in rosso, perdite cumulate vicine ai 200 milioni tra il 2010 e il 2013, due aumenti di capitale uno da 60 milioni nel 2011 e uno da 300 nel 2013 e sanzioni per 360 mila euro da parte di Bankitalia a componenti ed ex-componenti del cda, del collegio sindacale e all’ex-direttore generale. Oltre a una serie di operazioni sospette al vaglio della magistratura. Ubi Leasing, il tallone d’Achille di Ubi Banca, uno degli istituti meglio capitalizzati d’Italia e che ha il suo cuore pulsante nelle ricche province di Brescia e Bergamo, sedi delle due banche (Banca Lombarda e Bpu) da cui nel 2007 è nata quella che, con la crisi di Mps, è diventata la terza banca del Paese, aveva finito per accentrare su di sé l’attenzione dei magistrati in seguito ai ripetuti ed articolati esposti presentati da Jannone.
L’accusa di “mala gestio” formulata dal presidente delle cartiere Pigna aveva indotto gli ispettori della Banca d’Italia a fare visita all’Istituto. Poi era stata la volta della magistratura che aveva deciso di vederci chiarro in quel tourbillon.
Jannone aveva parlato di beni concessi in leasing, pignorati dalla banca a fronte della sospensione del pagamento delle rate da parte dei clienti e ceduti a prezzi di favore ad “amici” del vertice. Come il Falcon Cessna a 9 posti, costo 1,8 milioni di dollari, acquistato da Lele Mora, ritirato dalla banca quando l’ex-agente diventò insolvente e poi rivenduto «per 60 mila euro a una società in Delaware» dichiarò Jannone, che presentò esposti a raffica, presto affiancato nella sua crociata dal presidente dell’Adusbef, Elio Lannutti. O una barca Akhir 108 del valore di circa 10 milioni acquistata da Giampiero Pesenti per poco meno di 4 milioni, vicenda in relazione alla quale l’imprenditore bergamasco, hanno riferito fonti a lui vicine, è fiducioso che «emerga la totale congruità e correttezza della transazione».
Già nel 2012 su Ubi Leasing era in corso un’ispezione di Bankitalia che si chiuse con una raffica di multe per carenze nell’organizzazione, nei controlli e nella gestione del credito. «Nel 2013 è stato sostituito il management e da oltre un anno e mezzo sono state adottate soluzioni gestionali e organizzative, anche in coerenza con quanto raccomandato dalla Banca d’Italia», aveva ricordato solo qualche giorno fa, il Ceo di Ubi, Victor Massiah, sottolineando la «grande energia» con cui il nuovo vertice lavora «per condurre fuori dalla crisi la società». Ieri è toccato anche a lui aprire i cassetti di fronte ai finanzieri spediti dalla Procura di Bergamo.