Aereo malese scomparso, si riparte da zero: i segnali sonori nell’Oceano non erano del Boeing

29 Mag 2014 9:58 - di Redazione

Nuovo colpo di scena nel caso del volo MH370 della Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo con 239 persone a bordo. Non provenivano dalle scatole nere del velivolo i segnali acustici captati in una zona dell’Oceano indiano del sud, al centro delle ricerche delle ultime 7 settimane. Lo ha detto un ufficiale della Marina Usa alla Cnn. Le autorità ritengono ora che quei segnali provenissero da un’altra fonte. Si riaprono dunque tutti gli scenari, incluso quello del dirottamento. Nei giorni scorsi, di fronte all’emergere di diverse teorie nei commenti internazionali sulla scomparsa, il coordinatore delle operazioni di ricerca, l’ex comandante delle forze armate australiane Angus Houston, ha ordinato «un ampio e robusto» riesame di tutti i dati sul tragico volo MH370. Ha tuttavia osservato che l’attenta analisi delle informazioni finora raccolte e di un’ampia gamma di opinioni di specialisti internazionali lo ha convinto che l’aereo sia precipitato nell’Oceano Indiano, al largo dell’Australia occidentale. È stato suggerito che l’interpretazione dei dati potrebbe essere errata e che non possa dimostrare che il volo da Kuala Lumpur a Pechino si fosse invece diretto a sud, e che quindi l’aereo potrebbe ugualmente aver volato a nord dell’Equatore. La decisione di cercare nell’Oceano Indiano si è basata sull’esame di due fragili insiemi di dati: l’analisi da parte di scienziati del colosso delle comunicazioni Inmarsat di sette deboli segnali raccolti da uno dei suoi satelliti, e i “ping” uditi in profondità e interpretati come segnali dalla scatola nera, rivelatisi ora erronei. «I dati e la tecnica usati da Inmarsat sono stati riesaminati indipendentemente da diverse altre organizzazioni in Usa e in Gran Bretagna, oltre che dall’Organizzazione di Scienza e Tecnologia della Difesa australiana» ha detto Houston. Continuano intanto le ricerche del sottomarino telecomandato Bluefin-21 della Marina Usa sul fondo dell’oceano, con il supporto di navi australiane e cinesi. Ma dopo questa ultima notizia, si riparte da zero.

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