L’Italia è un Paese per vecchi: lo studio “Ciao bambini” rivela che gli over 60 ormai sono più degli under 20

4 Apr 2014 13:07 - di Redattore 89

Con la natalità zero l’Italia ha fatto i conti ormai da tempo. Ma ora un rapporto del centro studi internazionale “Project M” rivela che bisogna confrontarsi con una realtà ancora più problematica: le persone sopra i sessant’anni hanno superato quelle sotto i venti. I demografi lo chiamano “punto di non ritorno”,

perché – spiegano – è una svolta «irreversibile», un giro di boa che ci porterà, nel 2028, ad avere più ottantenni che bambini sotto i dieci anni. Non a caso il rapporto, presentato da Il Foglio, si intitola «Ciao Bambini». Sul sito di “Project M”, la cui mission è la ricerca sulla demografia e sugli andamenti pensionistici, lo studio è introdotto ricordando che «come chiunque abbia visitato l’Italia con figli piccoli vi dirà, gli italiani adorano i bambini. Ma loro hanno smesso di farne». «L’Italia – si legge ancora – ha uno dei più bassi tassi di fertilità d’Europa, con donne che mediamente hanno appena 1.48 bambini ciascuna, secondo il dipartimento Popolazione delle Nazioni Unite». Per il direttore del Max Planck Institute, James Vaupel, citato da Il Foglio, benché i tassi di fertilità siano difficili da prevedere, quando si attestano sotto il figlio e mezzo per donna «diventano un modello per molti decenni». «Le famiglie note per essere orizzontali – la gente aveva molti cugini, ma pochi nonni viventi – in futuro saranno verticali, con quattro o addirittura cinque generazioni che vivono contemporaneamente», è la stima di Vaupel per l’Italia. Il “Project M”, per spiegare questo trend, «che sarebbe ancora più drammatico, se non fosse per la massiccia immigrazione negli ultimi due decenni», parte da una spiegazione che suona parecchio anni Ottanta: «Carriera non figli», recita il titolo. In realtà, la sintesi è fuorviante rispetto a quello che emerge dalla stessa analisi del centro studi. L’istituto parte dall’assunto che le donne italiane «rifiutano il modello tradizionale» e mettono la carriera al primo posto, mentre matrimonio e figli possono aspettare, ma poi arriva al punto: l’assenza di servizi e, più in generale, un sistema sociale e lavorativo che non favoriscono la scelta della maternità. «A differenza di alcune delle loro controparti europee, le donne italiane trovano difficile combinare la carriera con l’avere figli». Seguono dati e constatazioni: il tasso di lavoro femminile in Italia è al 47% a fronte della media Ocse del 60%; l’Italia spende l’1.4% del Pil per le famiglie con bambini a fronte del 2.2% della media Ocse; per la maternità sono previsti 11 mesi di aspettativa, ma solo 5 sono pagati; gli asili sono troppo pochi e solo un bambino su tre sotto i tre anni li frequenta; il part-time è una scarso, la flessibilità è una rarità e «le opportunità per le donne di lavorare durante l’orario scolastico sono limitate». Tutto questo senza arrivare al capitolo che “Project M” chiama «ritardi del machismo» ovvero il fatto che gli uomini sono favoriti nella ricerca del posto di lavoro e nella carriera e che i ruoli tradizionali all’interno della famiglia continuano ad «avere la meglio» per cui le donne «faticano a fronteggiare il doppio carico del lavoro e dei figli, che le rende più riluttanti ad avere un secondo bambino». Si arriva così al fatto che «il 24% circa delle donne italiane nate nel 1965 non ha figli a fronte del 10% circa delle omologhe francesi». Proprio il paragone con la Francia, però, confuta definitivamente quell’idea iniziale per cui le donne italiane non farebbero figli perché «prima la carriera». La Francia, come noi, è stata a lungo un Paese in crisi demografica. Tendenza invertita con successo da quando è stata aumentata la quota di Pil dedicata alle politiche per le famiglie, con la conseguente cresciuta dei servizi a sostegno della maternità. Stime dello scorso anno dicevano che Parigi dedica a questo capitolo di spesa il 3.5% del Prodotto interno lordo e che, anche per questo, è al vertice della demografia europea nonostante una crisi che ha portato perfino la produttiva Germania a fare meno figli.

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