Il premier messo al tappeto al primo round. Prima vittoria del Cav e dei dissidenti Pd
Sulla riforma del Senato il premier Matteo Renzi è stato costretto a mettere nel cassetto la sua baldanza e a piegarsi al volere del Parlamento e dei partiti. L’atteggiamento di chi vuol fare il “rullo compressore” imponendo il testo approvato dal governo non ha pagato su nessun fronte. La minoranza Pd ha storto il muso, un nucleo di senatori guidati da Vannino Chiti ha addirittura lavorato a un testo alternativo e Silvio Berlusconi ha fatto sapere di non condividere e che senza modifiche non ci sarebbe stato il suo consenso parlamentare.
E così in commissione Affari Costituzionali del Senato da oggi a mercoledì il premier vedrà cambiato il suo disegno, con grande soddisfazione di più soggetti con i quali era stato superficiale. A guidare la commissione e ad essere anche relatrice assieme a Roberto Calderoli c’è la stessa Anna Finocchiaro che Renzi impallinò per il Quirinale accusandola di andare a far la spesa da Ikea con la scorta. Nonostante questi atteggiamenti l’esperienza della Finocchiaro e di Calderoli è stata utile ad evitare tensioni e trovare una soluzione condivisa, anche grazie alla moral suasion di Giorgio Napolitano.
Alla fine il Senato non sarà fatto di sindaci e consiglieri regionali in gita nella Capitale, ma sarà di fatto elettivo, come chiedevano Berlusconi, la minoranza del Partito democratico e il Nuovo Centrodestra. Domani i relatori limeranno il testo base che depositeranno mercoledì e la prima notizia è che sarà diverso da quello di Renzi. Il premier finge soddisfazione, ma politicamente ha perso, sia sul contenuto sia sui tempi perché è certo che nulla accadrà prima del voto europeo del 25 maggio. A vincere è stato invece Berlusconi, che prima ha minacciato la rottura dicendo di non condividere la riforma e poi, dopo aver ottenuto il cambiamento richiesto, ha confermato che il patto sulle riforme regge.
Venendo al merito il testo che Finocchiaro e Calderoli depositeranno prevede che di fatto i senatori saranno elettivi, solo che la scelta avverrà in contemporanea alle elezioni regionali, ma con un listino a parte. Saranno pagati dalla loro regione come consiglieri regionali in sovrannumero e anziché partecipare ai lavori del consesso regionale staranno stabilmente a Palazzo Madama. Salvo le differenze di essere eletti contemporaneamente al consiglio regionale e di essere pagati dalle regioni saranno senatori elettivi come gli attuali, votati dalla base elettorale regionale in listini bloccati.