Crisi, i dati Confcommercio-Censis confermano: 8 famiglie su 10 vivono precarietà e incertezza
Le agenzie di rating internazionale danno il Bel Paese in ripresa dalla recessione. Eppure, gli ultimi dati dell’outlook Confcommercio-Censis sul primo semestre 2014, presentati oggi, pur raccogliendo un cauto ottimismo dichiarato a mezza bocca dagli italiani, e registrando «un leggero miglioramento del clima di fiducia, il primo dal 2011 ad oggi»,asseverano con matematica certezza che – ancora – otto famiglie su dieci vivono «una sensazione di precarietà e instabilità», e dunque, che solo un nucleo su cinque «ritiene invece di essere in una situazione di solidità». Certo le aspettative legate al momento alle riforme annunciate dal governo Renzi contribuisce ad incrementare il segno più davanti alla voce fiducia, ma per verificarne l’effettiva fondatezza basterà attendere ancora un po’: qualche altro balletto di numeri dell’esecutivo, come quello dei tagli prima annunciati, poi ritirati, poi reinseriti, a Salute e Difesa, per esempio. Per non parlare del giudizio attualmente sospeso sulla tassazione della casa, ancora da configurare definitivamente.
E allora, a ben vedere, di quel 66% del campione intervistato che ritiene che il governo abbia la possibilità di far superare al Paese la lunga fase di crisi economica, il 24% di loro pensa che «abbia molta probabilità di riuscirci»; il 42% che «abbia solo qualche possibilità di riuscirci»; a fronte del fatto che il 22% degli altri intervistati ritiene che «non ci riuscirà perché la crisi è troppo complicata», e un 5 %, infine, che «non ci riuscirà per incompetenza».
Nel frattempo, però, le famiglie italiane sanno bene cosa chiedere al governo che questa crisi deve gestire per traghettare fuori il Paese dalla palude ristagnante della difficoltà economica, dimostrando, a suon di percentuali come quelle elencate dal report Confcommercio-Censis, che «in un quadro complessivo di difficoltà e crisi dei consumi, le famiglie hanno ben chiare le priorità che l’esecutivo deve affrontare subito per migliorare la situazione»: creazione di nuovi posti di lavoro (56,3%) e riduzione della pressione fiscale (nel complesso il 32,1%: il 18,3% lo chiede riferendosi alla tassazione sulle imprese, il 13,8% per le persone fisiche); mentre per il 9% la prima necessità del governo dovrebbe essere quella di potenziare i sussidi di disoccupazione.
E allora forse, più che di cauto ottimismo bisognerebbe parlare di prudente stato di attesa: la stessa indagine in questione, del resto, sottolinea che comunque «l’incertezza è il sentimento prevalente, con una quota di quasi il 40% delle famiglie che vivono adottando un comportamento di attendismo, in attesa dell’evolversi degli eventi». Del resto, «il protrarsi della crisi, la mancanza di lavoro, il peso delle tasse», come evidenzia proprio l’outlook Confcommercio-Censis, «continuano ad alimentare lo stato di forte difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, rispetto alla propria situazione economica e alla propria capacità di spesa, avvertono nella maggior parte dei casi – quasi l’80% – una sensazione di precarietà e instabilità». In particolare, il 17% del campione definisce la condizione economica e la capacità di spesa della propria famiglia «ad alto rischio»; il 21% risponde: «difficile, perché rischio di non farcela»; per il 41% è «precaria»; per il 21% «solida». Ma tutti, distinzioni di sorta e giochi sul filo delle parole a parte, continuano a predisporsi a stringere la cinghia, e a riformulare quotidianamente l’elenco delle priorità, e a sfoltire la lista della spesa.