Addio a Claudio Quarantotto, coraggioso intellettuale controcorrente che ha raccontato la Destra

17 Apr 2014 11:27 - di Priscilla Del Ninno

Al mondo della cultura di Destra, Claudio Quarantotto, scomparso a 78 anni non ancora compiuti, era ben noto. Come outsider. Come garbato intellettuale controcorrente. Come uomo di spirito, brillante, con il gusto della provocazione erudita. «Era abbastanza squinternato da voler fare il giornalista. Ma sul lavoro – ci dice Franco Cangini che circa un quarto di secolo fa volle Quarantotto nella redazione de Il Tempo – aveva certamente una preparazione culturale e una capacità analitica intellettuale nettamente superiori alla media, sapientemente miscelate con una passione fuori del comune, e una particolarità ancora decisamente inconsueta: teneva molto in conto le evoluzioni del linguaggio».

Gli ultimi anni della sua vita giornalistica, Claudio Quarantotto li ha vissuti nella redazione di Piazza Colonna, dove diresse le pagine di televisione, e poi anche quelle dello Spettacolo. Fu tra i protagonisti di un periodo tormentato della storia del giornale, quando la maggioranza della redazione ne bloccò l’uscita per oltre un mese. Quarantotto, come sempre nella sua vita, era però dalla parte delle ragioni di quella minoranza combattiva, al servizio di una giusta causa, e si batté fino all’ultimo per consentire al giornale di uscire, e quindi di sopravvivere. Ci riuscì, gestì il quotidiano in veste di caporedattore centrale, ma di lì a poco, come amara ricompensa, fu costretto dalla successiva direzione a «pensionarsi».

Un uomo difficilmente inquadrabile nel ristretto schema di una definizione, di un’etichetta. Ma se proprio si dovesse definirlo, si può senz’altro affermare, senza timore di venire smentiti, che Claudio Quarantotto è stato un intellettuale anticonformista e un uomo geo-politicamente profondamente attaccato alla «patria adriatica» che è stato costretto ad abbandonare da bambino. E allora, ci dice ancora Cangini ricordando la vita intensa dell’amico e del collega, «a Roma Claudio arrivò bambino: viveva nel quartiere giuliano-dalmata, nelle case popolari destinate ai profughi, agli esuli come lui».

Un uomo perennemente in trincea, sin dall’infanzia. Al servizio di una cultura di Destra che poi, negli anni, avrebbe raccontato con interviste a personalità insigni di quel mondo. Che avrebbe descritto attraverso la critica cinematografica, con un lavoro di decodificazione e di appropriazione svolto in un periodo in cui la cultura di celluloide e l’impresa editoriale erano completamente appannaggio del Pci. Un periodo, quello, in cui la Destra italiana, ancora lontana dalle evoluzioni che avrebbe conosciuto in seguito, rappresentava per i più un’incognita difficile da decifrare e svelare. Una fase di febbrile di attività politica e intellettuale in cui, ricorda Stenio Solinas – che quella Destra ha vissuto, commentato, e contribuito a disvelare in quei difficili anni della nostra storia, in veste di scrittore, politologo e giornalista – Quarantotto è stato il direttore della rivista La Destra: un nobilissimo tentativo di mettere nero su bianco, conferendogli dignità politica, sociale e culturale, i fondamenti del pensiero conservatore. Analizzando e annoverando, con cura antologica e potenziale politologico, e nel rispetto di una personalissima cifra stilistica, quelle che erano le varie tipologie della destra, esistenti in Italia e all’estero».

Un mondo politico, militante, letterario, ignoto ancora a molti, e a cui Claudio Quarantotto avrebbe guardato con curiosità intellettuale, e che avrebbe riletto anche attraverso la lente cinematografica. Un universo di scrittori, liberi pensatori, cineasti, che Quarantotto – insieme a quell’imprescindibile officina giornalistica de Il Borghese, fatta di personalità del calibro di Gianna Preda, Luciano Cirri, Mario Tedeschi – avrebbe contribuito a disvelare e raccontare.

E allora, tra i traguardi più significativi di quell’esperienza esegetica e divulgativa, c’è sicuramente l’intervista che Quarantotto realizzò a Giuseppe Prezzolini, attraverso la quale emersero alcuni dei tratti distintivi più significativi e importanti di una cultura che, soprattutto nei fatidici anni Settanta, si è voluto prima ignorare, poi demonizzare e finanche cancellare, forse perché troppo profondamente legata all’identità italiana.

Una cultura a cui Claudio Quarantotto avrebbe dedicato l’intera sua esistenza professionale, anche con la vocazione di «allineare nidiate di giovani intellettuali», salvo poi ritirarsi nelle retrovie della vita privata nel momento in cui il quadro di riferimento conservatore scelse di abdicare – in nome di contingenti evoluzioni partitiche – a logiche politiche e parlamentari differenti. Con lui, allora, si spegne una delle voci più garbate e incisivamente alternative della Destra italiana: i funerali si svolgeranno venerdì a mezzogiorno nella chiesa degli Artisti in piazza del Popolo a Roma.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *