Omicidio Ramelli, premio alla memoria per mamma Anita dopo 39 anni di oblio
Forse gli anni di piombo e della follia sono finiti. La madre di Sergio Ramelli, il ragazzo diciassettenne assassinato a colpi di chiave inglese da esponenti di Avanguardia Operaia, Anita, morta il 24 dicembre scorso, riceverà la massima onorificenza dalla Provincia di Milano, ossia il Premio Isimbardi alla Memoria. Sì, forse sono davvero finiti quei tempi, quei tempi in cui le forze “democratiche e antifasciste” applaudirono nell’aula del consiglio comunale di Milano alla notizia della morte del “fascista” Ramelli, deceduto dopo 47 giorni di agonia. 17 anni, “Più caro agli Dei”, come ha scritto il cantautore Skoll in un omaggio al giovane. Anita Ramelli, come si ricorderà, è sempre rimasta in quella casa, dalle cui finestre si vede il punto in cui Sergio fu massacrato in quella quasi primavera del 1975. Il padre, Mario, che fino a quel momento non aveva mai sofferto di cuore, iniziò a soffrire di disturbi cardiaci e in capo a quattro anni se ne andò, vinto, più che dal cuore, dal dolore. La sorella piccola aveva nove anni quando successe il fatto, mentre il fratelli più grande è sposato a non abita più a Milano. Solo lei, mamma Anita, era rimasta là, “a ricordare le cose che ricorda”, direbbe il poeta.
Il merito di questa lodevole iniziativa della Provincia meneghina è del giovane consigliere provinciale di Fratelli d’Italia Roberta Capostosti, che insistentemente ha proposto e riproposto al presidente Podestà l’iniziativa, che si concretizzerà quanto prima. Non troviamo parole migliori per illustrare la motivazione del premio se non quelle della coraggiosa e battagliera esponente della destra milanese: «La mamma di Sergio, Anita Pozzoli vedova Ramelli, era una donna coraggiosa che ha dovuto passare prove tremende. Trascorsi appena tre anni dalla morte del figlio, perse anche il marito, che non si era mai ripreso da quella tragedia. Ha cresciuto da sola gli altri due figli. Non è mai cambiata negli anni: quegli occhi gonfi di chi ha pianto troppo, quell’espressione fragile ma al tempo stesso decisa, a volte smarrita nell’immensità del dramma che l’ha colpita, a volte risoluta oltre ogni immaginazione nell’affrontarlo. È la stessa “mamma Ramelli” che si preoccupava dei ragazzi che vegliavano per suo figlio morto, la stessa che sembrava quasi nascondersi il giorno del funerale, la stessa che trovò la forza, dodici anni dopo, di deporre in tribunale per ricostruire non solo l’agonia del figlio, ma il martirio a cui tutta la famiglia fu sottoposta per opera dei compagni degli assassini. La stessa che ha rinunciato al cospicuo risarcimento economico stabilito dalla sentanza di condanna degli assassini del figlio. La stessa che non ha mai chiesto vendetta ma sempre e solo giustizia. Che ha avuto sempre fiducia, nonostante tutto, nella magistratura. La stessa che ha sofferto in silenzio tutta la vita e che, in silenzio, si è spenta. Anita Pozzoli vedova Ramelli ha affrontato il dolore con dignità, invocando sin dal principio giustizia e non vendetta. La compostezza mostrata durante il processo agli assassini del figlio, celebrato nella seconda metà degli anni Ottanta, ne rivelano la caratura morale di una persona unica, indimenticabile. La scelta di continuare a vivere tutta la vita nella stessa casa dal cui balcone si vedeva il luogo del barbaro assassinio del figlio Sergio, dimostrano una forza difficilmente immaginabile ed equiparabile. Un Esempio per le giovani generazioni. Per quanti hanno avuto il privilegio di conoscerla. Per quanti ne sentiranno parlare in futuro. Per quanti verranno. Perché nessuno mai più provi così tanto dolore. Perché il suo dolore si ricordi per sempre». Il processo si svolse nel 1987, e solo perché una pentita parlà, perché per molti anni le indagini dormirono. Anita Ramelli rifiutò una cospicua soma messa a disposizione dagli imputati.