Novartis e Roche, risparmiateci lo scaricabarile: è anche una storia di incuria e pressappochismo
Per favore, risparmiateci lo scaricabarile. La vicenda della mega multa di 180 milioni di euro comminata dall’Antitrust italiana alle multinazionali del farmaco Novartis e Roche, per la sua portata e per i suoi riflessi, sia economici sia sanitari, chiama in causa diverse responsabilità.Partiamo dai fatti contestati dall’autorità che vigila sulla concorrenza. Le due multinazionali si sarebbero accordate per favorire la vendita del farmaco più costoso destinato alla cura della maculopatia, una malattia grave che colpisce soprattutto gli over 6o, e può portare alla cecità. Una differenza di prezzo non da poco per prodotti che, secondo molti studi, producono gli stessi effetti : 900 euro il costo di una dose di Lucentis; tra i 15 e gli 80 euro il prezzo di una dose di Avastin. Tradotto in cifre, la spesa (e quindi il danno) complessivo per il Servizio sanitario nazionale si aggira finora sui 45 milioni, ma può lievitare fino a 600 milioni di euro l’anno. Dalla documentazione acquisita «è emerso che le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concentrato fin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo, condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari». A quanto pare, la Roche, produttrice del farmaco meno costoso, avrebbe concordato con la Novartis di spartirsi il mercato, garantendosi evidentemente delle royalties sulla vendita del prodotto confezionata da quest’ultima. Una truffa in grande stile. Una truffa però resa possibile da una legislazione dalle maglie fin troppo larghe. E da un sistema che presenta molte imperfezioni, oltre che una confusione di ruoli e di funzioni. A sentire Luca Pani, direttore dell’Aifa, l’Agenzia ministeriale del farmaco, sembra che i problemi sull’uso oftalmico dell’Avastin – un prodotto usato nel campo oncologico, rivelatosi poi efficace anche nella cura della grave malattia degli occhi – vadano collegati alle indicazioni dell’Emea. L ‘Agenzia europea che governa i farmaci, nell’agosto del 2012, ha modificato le caretteristiche del prodotto, peraltro rientrante nella gamma di quelli definiti off label , ossia non espressamente registrati per quel tipo di malattia, ma prescrivibili dal medico sotto sua diretta responsabilità. Una modifica intervenuta per l’insorgere di «gravi reazioni di tipo sistemico, quali emorragie non oculari, eventi tromboembolici arteriosi». Muoverebbe da qui, trattandosi di un medicinale autorizzato con procedura centralizzata europea, la comunicazione dell’Aifa ai medici per consigliare maggior cautela nella prescrizione dell’Avastin. Come pure la successiva decisione di escludere il farmaco dalla lista di quelli che possono essere utilizzati dal servzio sanitario nazionale. Così, dal 2012 il Lucentis ha avuto la strada spianata. Il chè è avvenuto nonostante, come abbiamo già detto, autorevoli studi dimostrassero la validità dell’Avastin. Ma la storia non finisce qui. Dicevamo di responsabilità diffuse. Ebbene, ce n’è anche per le Regioni. Invitate dall’Agenzia ministeriale a fornire dati certi sui pazienti trattati con i due farmaci finiti nell’occhio dell’Antitrust (circa 44 mila casi), dalle Regioni sono arrivate risposte soltanto per 34 casi. Un quadro desolante, secondo Luca Pani. Sarebbe neglio definirlo raccapricciante e indegno. Un quadro che dimostra qual è lo stato della sanità nel nostro Paese da quando il sistema è stato regionalizzato. Incuria, pressappochismo, inettitudine sono ormai all’ordine del giorno in questi mastodontici e costosissimi apparati. Se fossimo un Paese serio, da simili inefficienze dovremmo trarre l’unica lezione possibile, che è quella di smontare siffatta architettura regionalista, cancellando qualla autentica follia che risponde al nome di riforma del Titolo V della Costituzione. Si dirà: cosa c’entra tutto questo con il truffaldino cartello messo in piedi dalle multinazionali del farmaco per lucrare sulla salute della gente e sulla pelle dei contribuenti? C’entra, eccome . C’entra con la scarsa autorevolezza, propria di chi non riesce a darsi una fisionomia coerente e univoca nel tessuto istituzionale, i cui limiti emergono nel confronto con altre autorità di governo europeo, come nel caso di Emea. «Vedo che oggi l’Aifa esprime soddisfazione per la decisione dell’Antitrust – sottolinea il farmacologo Silvio Garattini – allora prima poteva non rassegnarsi. Potevano essere proattivi, cercare delle soluzioni da proporre eventualmente all’Ema, l’autorità regolatori europea». Anche perché, la si può girare come si vuole questa ennesima storiaccia di truffe, raggiri, inganni, alterazioni della concorrenza e registrazione di farnaci ritenuti efficaci in molti altri Paesi tranne che da noi, ma la verità è soltanto una. Le multinazionali pensano ai loro interessi e se c’è da guadagnare non guardano in faccia a nessuno. E’ lo Stato, con i suoi organismi e le sue leggi, che deve tutelare i cittadini. E’ lo Stato che deve imporre alle industrie farmacetiche scelte e priorità. Sempre che sappia farlo in modo chiaro e competente.