Il calciatore Piermario Morosini si poteva salvare con il defribillatore: 3 medici a giudizio per omicidio colposo
Se i medici avessero utilizzato il defribillatore forse, oggi, Piermario Morosini, giovane calciatore del Livorno morto d’infarto a 26 anni, sotto l’occhio impietoso delle telecamere che quel 14 aprile 2012 stavano riprendendo il match Pescara-Livorno allo stadio Adriatico, sarebbe ancora vivo. Sono le sconvolgenti conclusioni di una perizia che ha convinto il gup di Pescara, Luca De Ninis, ad accogliere la richiesta del pm Valentina D’Agostino di rinviare a giudizio per omicidio colposo i medici del Livorno Manlio Porcellini, del Pescara Ernesto Sabatini e del 118 di Pescara Vito Molfese per omesso uso del defibrillatore, che, secondo i periti del gup, «avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere» al centrocampista labronico.
I periti Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato sostennero che i tre medici «dovevano usare il defibrillatore semi-automatico, disponibile quel giorno». Sempre nella perizia si legge che «ciascuno dei medici intervenuti è chiamato a detenere, nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi-automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell’influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso». Le conclusioni dei periti del gip, d’altra parte, non si discostano molto dalla perizia a suo tempo predisposta per il pm D’Agostino dal medico legale che eseguì l’autopsia, Cristian D’Ovidio.
Una circostanza, quella svelata dai consulenti, che rende ancora più amara la vicenda di Piermario, un ragazzo sfortunatissimo, la cui famiglia era stata pesantemente segnata dalle disgrazie. A 15 anni perde la madre Camilla e, due anni, dopo, a 17 anni, il papà Aldo. Un anno dopo, nel 2004, quando oramai Piermario ha 18 anni, si suicida il fratello disabile e Piermario resta praticamente solo al mondo ad accudire l’altra sorella disabile. Fino a quel tragico 14 aprile 2013 quando, al 31′ di Pescara-Livorno della 14ª giornata di ritorno del campionato di Serie B, Piermario si accascia a terra colpito da un infarto. Trasportato in ospedale, spirerà poco dopo. Gli accertamenti porteranno a concludere che Piermario aveva una rara malattia ereditaria, la cardiomipatia aritmogena.
La tragedia in diretta tv sconvolse il mondo del calcio non solo per la vicenda in sé ma per la figura di quel calciatore, così semplice, sempre sorridente con tutti seppure segnato da tante tragedie. Sarà una gara per ricordarlo e celebrarne la memoria. A poche ore dalla morte di Piermario, il Vicenza e il Livorno ritirano la maglia numero 25, il Barcellona scende in campo con il lutto al braccio, al Santiago Bernabeu, all’inizio del match Real Madrid-Sporting Gijon viene osservato un minuto di silenzio. Due stadi, prima lo Stadio Atleti Azzurri di Bergamo e poi lo Stadio Adriatico di Pescara gli intitolano le rispettive curve sud, il Vicenza gli intitola il Centro Tecnico di Isola Vicentina e in suo onore viene istituito un memorial “La Speranza…in un ricordo“.