Renzi è già in ostaggio dei dissidenti di Civati e rischia di “ballare” come Prodi con Turigliatto

22 Feb 2014 9:28 - di Redazione

«Renzi sta facendo di tutto per farsi votare contro». Legge la lista dei ministri e non la prende bene, Pippo Civati. Che valuterà fino alla fine, con i parlamentari che fanno a lui capo, se votare la fiducia al governo. Non farà mancare invece il suo sostegno la minoranza dem, che ha votato anche in Direzione a favore della nascita del governo Renzi. Ma, nonostante nella scelta dei ministri siano stati rispettati gli equilibri tra maggioranza e minoranza, non si registra grande entusiasmo tra i parlamentari “non renziani”. Che attendono il nuovo premier alla prova dei fatti. E si preparano a porre la questione della guida del partito. «Adesso servono i risultati perché il tempo delle parole si è consumato», afferma Gianni Cuperlo, che invita a «fare presto e bene». In “quota minoranza” Renzi ha nominato ministri il giovane turco Andrea Orlando e il bersaniano Maurizio Martina. Ma non basta questo a convincere i parlamentari “non renziani”, che fuori da verbale esprimono dubbi sulla composizione del governo e si lasciano anche scappare battute velenose. Cuperlo apre anche una questione che promette di tenere banco nelle prossime settimane, quella della guida del partito. «È una anomalia», afferma infatti, che il segretario del Pd, appena eletto, sia anche premier: «Dobbiamo aprire una riflessione molto seria». Ma adesso è il tempo della formazione del governo. E il lettiano Francesco Boccia chiede piuttosto che venga convocata una Direzione del Pd sul programma prima del voto di fiducia. Renzi inserisce in squadra anche Maria Carmela Lanzetta, sindaco anti-ndrangheta che Civati aveva inserito nel suo “pantheon” e aveva fatto eleggere nella direzione Pd. Della sua nomina “non sapevo nulla, né da Renzi, né da lei”, aggiunge Civati. Che domenica riunirà la sua area in “conclave” a Bologna e deciderà la linea sulla fiducia al governo. Ma già fa sapere che l’esecutivo di “Matteo Letta” gli fa “venire le bolle”. Resta dunque il rischio del fuoco amico. Civati non esclude che i sei senatori che fanno a lui capo votino no alla fiducia e diano così il via a quel progetto che ha già ribattezzato il “nuovo centrosinistra”.

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