Abu Omar, prosciolti gli 007 del Sismi: avevano diritto (e obbligo) a invocare il segreto di Stato
Finisce dopo undici anni l’odissea degli uomini del Sismi. Nonostante la tenace ostinazione della Procura generale, la Cassazione riconosce a cinque agenti dell’ex-Servizio segreto militare, l’allora direttore Nicolò Pollari, Marco Mancini e tre 007 del Servizio, il diritto a invocare il segreto di Stato in ordine alle contestazioni dei magistrati sul rapimento dell’imam egiziano Abu Omar – avvenuto a Milano il 17 febbraio del 2003 ad opera della Cia con la collaborazione di agenti segreti italiani.
Una vicenda che creò un cortocircuito istituzionale trascinatosi per 11 anni: la magistratura milanese stava indagando su Abu Omar e sostenne che era prossima ad arrestarlo. Di lì lo scontro istituzionale sul quale l’ultima parola l’ha detta la Consulta alla cui decisione si è, appunto, uniformata la Cassazione: gli agenti avevano diritto ad invocarre il segreto di Stato sbarrando quindi il passo ai magistrati milanesi che volevano processarli per quella extraordinary rendition.
I supremi giudici della Prima sezione penale hanno annullato senza rinvio le condanne per i vertici del Sismi Nicolò Pollari e Marco Mancini, e per tre agenti dei servizi, in quanto «l’azione penale non poteva essere perseguita per l’esistenza del segreto di Stato». E’ una sconfessione piena dei magistrati milanesi che, ostinatamente, avevano cercato di condannare gli 007 italiani.
Nel 2012, viceversa, la Suprema Corte aveva annullato i proscioglimenti ritenendo che il segreto di Stato, riconosciuto dalla Consulta più volte interpellata, non coprisse tutti i comportamenti dei nostri 007 – aiutati anche dal Ros – che avrebbero agito non su input del governo ma con il fine personale di fare carriera ascoltando le promesse del capoarea della Cia, Robert Seldon Lady.
Per la Cassazione quel rapimento era una violazione della sovranità italiana. Parole durissime che hanno fatto da guida al processo di appello bis conclusosi il 12 febbraio del 2013 con la condanna di Pollari a dieci anni, di Mancini a nove, e a sei anni di reclusione ciascuno per gli agenti Luciano Di Gregorio, Giuseppe Ciorra e Raffaele Di Troia.
«La Cassazione, nella quale avevo sinceramente fiducia – ha commentato con amarezza Pollari – ha posto la parola fine, ma probabilmente quanto sostenuto da quattro compagini governative diverse avrebbe potuto indurre a riflettere un po’ di più prima e a non portare le cose fino a questo punto».
Effettivamente, i governi Prodi, Berlusconi, Monti e Letta, si sono sempre battuti per il riconoscimento della ragion di Stato sui documenti legati al rapimento.
«Ora – aggiunge l’ex capo dei Servizi – non posso non rivolgere il mio pensiero a quelle persone che hanno operato con me e che per questioni collaterali a questa vicenda hanno avuto condanne anche definitive. Sono profondamente addolorato di questo e credo che le conseguenze subite siano quantomeno da valutare tenuto conto dell’esito di questo processo».
A due anni e otto mesi sono stati infatti condannati in via definitiva per il rapimento dell’iman egiziano, il responsabile dell’archivio del Sismi, Pio Pompa e il funzionario Luciano Seno..
Con il verdetto della Cassazione, che chiude una lunga e travagliatissima contrapposizione tra i giudici di Milano spalleggiati dalla Cassazione e la Presidenza del Consiglio, supportata’ dai giudici costituzionali, è stata sbarrata definitivamente la strada anche alle pretese risarcitorie di Abu Omar e di sua moglie Nabila, costituitisi in giudizio come parti civili.
L’imam, portato via dall’Italia con volo dalla base di Aviano, venne in seguito incarcerato e torturato in Egitto. Nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale della Cassazione, Aurelio Galasso aveva chiesto un nuovo processo per gli imputati poiché «il materiale di questo processo è enorme e serve un vaglio del giudice di merito per stabilire se ci sono elementi che attestano la responsabilità penale oltre a quelli dichiarati inutilizzabili dalla Consulta».
Un altro rinvio «è del tutto inutile» aveva invece sottolineato nella sua arringa Franco Coppi – che ha difeso Pollari insieme a Titta Madia – rilevando che «la Cassazione non può che prendere atto della circonferenza del segreto di Stato così come è stato disegnato dalla Consulta». In aula erano presenti tutti gli imputati, eccetto Pollari. Tra un mese circa si conosceranno le motivazioni in base alle quali la Suprema Corte ha deciso di mettere fine alla prova di forza con la Corte Costituzionale. A scriverle sarà il consigliere Umberto Zampetti. Guidati dalla presidente Siotto, gli altri “ermellini” del collegio sono Aldo Cavallo, Margherita Cassano e Patrizia Mazzei. Sono ventidue gli agenti Cia condannati per il sequestro di Abu Omar. L’unico militare americano coinvolto nella vicenda, Joseph Romano, all’epoca comandante della base di Aviano, ha ricevuto la grazia del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nonostante il parere contrario della Procura della Corte di appello di Milano. Romano, contumace, era stato condannato a sette anni. Per lui si era mossa anche la diplomazia della Casa Bianca che ha sempre seguito con il fiato sospeso tutta la vicenda processuale.