Saviano stavolta non è in copertina ma a pagina 33 di “Repubblica”: sentenza di condanna per diffamazione

7 Gen 2014 10:49 - di Guido Liberati

Il nome di Roberto Saviano che appare su Repubblica di oggi, ma non in prima pagina, è già una notizia. Il mistero è presto spiegato: stavolta nessun mirabolante editoriale dello scrittore napoletano, ma una sentenza di condanna per diffamazione, che il quotidiano di Ezio Mauro ha pietosamente fatto slittare a pagina 33. La sentenza in questione riguarda il libro Gomorra. Il paradosso vuole che, accanto allo scrittore, sia stato condannato indirettamente anche Berlusconi, dato che l’editore di Gomorra, il primo successo di Saviano, fosse proprio la Mondadori. Nella sentenza del 28 ottobre 2013 emessa dal Tribunale di Milano il giudice della prima sezione civile, Orietta Miccichè, « ha accertato – come si legge nel dispositivo della sentenza – il contenuto diffamatorio in danno di Enzo Boccolato della frase contenuta a pagina 291 del libro intitolato Gomorra, nella parte in cui «l’autore prospetta che Enzo Boccolato insieme ad Antonio La Torre si preparavano anche a tessere una grande rete di traffico di cocaina». Il giudice ha quindi condannato «Saviano e Arnoldo Mondadori Editore Spa in via tra loro solidale al risarcimento del danno subito da Enzo Boccolato e a corrispondergli la somma di 30mila euro». Il giudice ha anche ordinato «la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo della presente sentenza a cura e spese dei convenuti una volta a caratteri doppi del normale sul quotidiano La Repubblica entro 30 giorni della notifica in forma esecutiva della presente sentenza». A carico dei «convenuti» anche le spese legali del procedimento. «Nel libro Gomorra Saviano – ha spiegato l’avvocato Santoro – aveva infatti descritto il Boccolato, che è incensurato e che da vari anni vive in Venezuela conducendo una florida attività nel campo ittico e del tutto estraneo ad ogni attività camorristica, come collegato ai La Torre in relazione al traffico internazionale di cocaina, sostenendo che questo, unitamente ai La Torre si preparava anche a tessere una grande rete di traffico di cocaina».

Non è il primo incidente giudiziario per lo scrittore napoletano. Nel settembre dell’anno scorso un ingegnere francese, Jean Luc Capelle, lo aveva querelato per diffamazione, chiedendo il ritiro delle copie di Zero Zero Zero (pubblicato da Feltrinelli). Lo scrittore napoletano nel suo ultimo lavoro racconta del sequestro di hashish a Imperia il 29 dicembre 2012 sullo Sheldan, imbarcazione di proprietà di Capelle, inserendolo tra i trafficanti  di droga. Secondo i legali dell’imprenditore francese, molto noto nel mondo della vela internazionale, a Capelle «viene attribuito un ruolo che non ha mai avuto e qualificarlo quale spacciatore internazionale di ingenti quantitativi di droga, è certamente una grave diffamazione».

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