Mussolini è ancora Cavaliere? “L’Espresso” monta un caso all’insegna del non senso
Così scrive Aristotele nell’Etica Nicomachea: «Questo solo è negato a Dio: disfare il passato». Questa massima, che è a fondamento dell’idea del tempo propria della nostra civiltà, risulta ignota all’Espresso. Sull’edizione on line del settimanale compare un breve articolo che rappresenta la negazione perfetta di quasi 2500 anni di pensiero occidentale: «Scandali: Benito Mussolini è ancora Cavaliere». Essì, il settimanale diretto da Bruno Manfellotto si “scandalizza“ del fatto che, a 69 anni dalla morte del capo del fascismo, questi risulti “ancora“ Cavaliere di Gran Croce, onorificenza conferitagli da Vittorio Emanuele III nel 1936. Domanda: che senso ha, per la Repubblica italiana, “revocare“ un’onorificenza conferita dal Regno d’Italia? Ma, al di là del profilo giuridico e istituzionale, quale potrà essere mai il valore storico e morale di un simile atto? Tale valore non potrà essere che lo zero. Perché, per avere valore, bisognerebbe dimostrare che Vittorio Emanuele compì un atto illegittimo o arbitrario. Ma ciò non può essere dimostrato per il semplice fatto che in quel momento Mussolini era al culmine della sua popolarità. La tesi dell’Espresso sarebbe plausibile solo se fosse possibile cancellare la storia, fare finta che il “già stato” non è in realtà “mai stato“. Ma, se ciò è “negato a Dio”, perché mai dovrebbe essere possibile per Manfellotto?
Non è questione di fascismo o di antifascismo. Ma di logica o di illogica, di buon senso o di follia, di razionalità o di assurdità. Del resto, se gli antifascisti padri fondatori della Repubblica, se gli intellettuali più di sinistra del dopoguerra, se 11 presidenti della Repubblica, 26 presidenti del Consiglio, 19 presidenti del Senato, 14 presidenti della Camera e un’infinità di ministri, di parlamentari, presidenti della Consulta, professori ordinari di diritto costituzionale e di storia contemporanea, presidenti di Istituzioni culturali, se tutti costoro, non hanno mai sentito la necessità di sollevare il caso di quella vecchia onorificenza del 1936 un motivo ci sarà pure. Il motivo è che una cosa del genere non gli è saltata mai in mente, non perché siano stati “distratti”, ma perché hanno letto Aristotele, o, se non lo hanno letto, si sono tutti formati all’interno delle ferree categorie della razionalità occidentale. Ciò, evidentemente, non è accaduto all’Espresso. La pretesa di dare un senso storico e logico all’eventuale revoca del Cavalierato a Mussolini ricorda un po’ la moda di riscrivere in chiave politicamente corretta le favole di Andersen o dei fratelli Grimm. L’unico problema è che la poesia della fiaba è cosa ben diversa dalla tragedia della storia. E scusate se è poco.