Kabobo resta in carcere. Il tribunale: c’è un «gravissimo ed eccezionale pericolo» che uccida ancora
Adam Kabobo deve restare in carcere, perché c’è un rischio «gravissimo» che uccida ancora. Il tribunale del Riesame di Milano ha respinto l’istanza di trasferimento in un ospedale psichiatrico giudiziario del ghanese che a maggio ha ucciso tre passanti a colpi di piccone. La richiesta era stata avanzata dai legali di Kabobo, sulla base di una perizia psichiatrica che indicava nell’Opg il luogo più adatto per l’uomo, che dice di sentire delle voci. «Fisicamente sto bene, psicologicamente sto migliorando, ma sento ancora delle voci che mi dicono che i bianchi sono quelli che mi hanno ridotto così», ha detto Kabobo al perito. Il medico legale aveva ritenuto le condizioni del ghanese, affetto da una psicosi schizofrenica, incompatibili con il carcere, ma aveva comunque raccomandato il regime di custodia cautelare come misura di sicurezza per la sua pericolosità sociale. Per questo ne aveva chiesto il trasferimento in un Opg. Ma i giudici hanno sottolineato che, in base a una sentenza della Cassazione, il Riesame «non è in alcun modo legittimato» a disporlo, perché Kabobo può essere assegnato a un Opg solo dopo una sentenza che ne dichiara l’infermità mentale. Dunque, il tribunale lo avrebbe potuto mandare solo in una casa di cura «agli arresti domiciliari». Una condizione che non avrebbe garantito il grado di custodia necessario di fronte a un «gravissimo ed eccezionale pericolo – hanno scritto i giudici – di reiterazione di delitti della stessa specie». È stato poi lo stesso perito del tribunale a chiarire che «non è detto che le attenzioni del soggetto siano rivolte solo verso i bianchi, potendo variare in ogni caso la fenomenologia del delirio». Ancora il medico ha sottolineato che il ghanese è affetto da una «patologia mentale tra le più gravi, cronicizzata e scarsamente rispondente alle terapie tale per cui all’intervento psicofarmacologico va associato in modo ineludibile un grado importante di custodia». Proprio sulla base della perizia, quindi, i giudici hanno stabilito che non esiste «una condizione di incompatibilità della patologia con la custodia in carcere», perché il percorso di cure, «sotto il profilo farmacologico», che sta seguendo il ghanese «ben può essere attuato e proseguito nella struttura carceraria, che si è rilevata in concreto assolutamente idonea in tal senso». Il carcere, inoltre, è adeguato per le esigenze di «vigilanza e sicurezza, essenziali per tutelare l’incolumità di terzi e dello stesso Kabobo». Secondo gli avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno i giudici, nel sostenere che non avrebbero potuto per legge disporre il trasferimento in un Opg, «hanno abbracciato un orientamento giurisprudenziale non univoco», contro il quale hanno annunciato il ricorso in Cassazione. Un’istanza analoga, però, era stata respinta nei mesi scorsi anche dal Gip. E proprio da questo era scaturito il ricorso al Riesame respinto oggi.